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ELEZIONI, CAMPIGLIA   SPIEGA   PERCHE'   NON   VOTA

Faccia a faccia sull'impianto di itticoltura che dovrebbe sorgere davanti al Persico, nello specchio d'acqua che dipende dal Comune di Portovenere

Volete sapere chi deciderà la sfida tra partiti e candidati?

L'elettorato femminile, perchè le donne sono più degli uomini

Articolo sul giornale LA NAZIONE del 13 Giugno 1999, a cura di Adriana Beverini

 

Ma quanti sono gli elettori che oggi sono chiamati alle urne? Vediamo due cifre. In città gli aventi diritto al voto sono 86.500, divisi in  40.167 uomini e 46.333 donne.

Complessivamente invece, in provincia gli elettori sono ben 198.559, suddivisi tra 93.967 maschi e 104.559 femmine. E’ però giusto osservare che escludendo da queste cifre gli elettori provenienti da altri paesi dell’Unione Europea, il numero cala leggermente: in provincia, infattiescludendo gli elettori nati negli altri paesi dell’UE, gli elettori complessivi sono 195.582.

A Lerici, invece, gli elettori sono 10.658, pari a 4.930 maschi e 5.728 donne. A Portovenere, infine, gli aventi diritto sono 3.869, suddivisi tra 1.884 uomini e 1.985 femmine 

 

Sono inviperiti gli abitanti di Campiglia e per questo hanno rimandato in Comune i certificati elettorali con l'evidente proposito di rendere pubblico d loro dissenso disertando le elezioni europee. “Non voteremo no, vogliamo che questo nostro gesto faccia capire a tutti in che situazioni ci troviamo. L'ha vista la strada per arrivare sino a noi com'è ridotta? Stretta, piena di curve, con l'erba ai lati talmente alta che la carreggiata è ulteriormente ridotta. E poi quest'ultima bella trovata di metterci l'impianto di acquacoltura sotto casa ha fatto proprio traboccare il vaso!”

Inviperiti. E a nulla vale cercare di controbattere spiegando che, insomma, quell'impianto sotto casa proprio non sarebbe, visto che andrebbe posto ad un miglio dalla costa. Ci provano l'assessore Marino Fiasella della Provincia e il capitano Figoli della Capitaneria di Porto, qui convenuti, insieme all'assessore Orlando del Comune e all'associazione Per Tramonti per verificare, de visu, che di impatto, almeno visivo, non ce n'è. Ci provano ma il primo senza troppa convinzione e il secondo senza risultato.

La dimostrazione prevista (il posizionamento delle otto boe ora dentro diga ad un miglio dal Persico) tuttavia non può avvenire per le condizioni del mare. La motovedetta della Capitaneria passa e ripassa ma le boe non vengono calate. Nel frattempo si scatena la polemica tra gli abitanti di Campiglia qui convenuti e le autorità presenti.

“Lo vedete questo passaggio? Non è di una bellezza unica? Perché volete distruggerlo? Che interessi ci sono sotto?” Vola qualche parola grossa, si parla di conti in banca, di interessi poco chiari, poi torna la calma. Ne approfitta l'assessore Orlando per spiegare la posizione del Comune capoluogo.

No alla richiesta del Polo tecnologico marino e della Capitaneria di Porto alla concessione provvisoria per quattro mesi di porre le gabbie con gli avannotti presso la diga foranea. Parere negativo di cui la Capitaneria ha ritenuto però di non dover tenere conto, visto che le gabbie sono state posate ugualmente e lì staranno sino a settembre. Parere negativo, in aperto dissenso con la Giunta Regionale, ad autorizzare tale impianto di maricoltura a Punta Persico ad una distanza non inferiore dalla costa ad un miglio marino e senza il riassoggettamento a Valutazione di Impatto Ambientale. “Quello che pensa il Comune della Spezia - spiega Orlando - lo si può leggere nel verbale della Giunta Comunale del 30 Aprile ‘99. Secondo noi e secondo i1 Parco delle 5 Terre la procedura di V.I.A. è carente in più aspetti e supportata da studi non sufficientemente recenti e non riferiti specificatamente alla zona interessata. Per questo e non solo per questo, ma anche per l'estrema vicinanza con la Riserva Marina delle 5 Terre la giunta ha valutato non idonea la collocazione proposta dal momento che si tratta di uno specchio d'acqua collocato ad una distanza inferiore alle due miglia marina che è quella da noi ritenuta minima allo scopo di limitare l'impatto visivo”. Musica questa per le orecchie degli abitanti di Campiglia i quali sanno però che il  Comune della Spezia avrà piccolo peso nella decisione finale  che ormai spetta al Comune di Portovenere e alla Capitaneria di Porto dal momento che lo specchio di mare individuato, davanti al Persico ricade sotto quel comune. Pesanti dubbi circa la trasparenza del comportamento della Regione, che ha ritenuto di non dovere assoggettare  a nuova procedura di V.I.A. il progetto presentato dal Polo tecnologico a Punta Persico, sono stati sollevati da molti dei presenti i quali hanno ricordato con rabbia che nel pool di enti e di aziende che costituisce il Polo tecnologico è presente, benchè in minima parte, anche la Regione Liguria e che figura la firma del presidente Mori. Come è possibile, si chiedevano gli abitanti di Campiglia che la Regione sconfessi se stessa?

Cercasi democrazia e trasparenza disperatamente.

 

 

 

ACQUACOLTURA A TRAMONTI, IN CORRISPONDENZA  DEL TERRITORIO VINCOLATO A PARCO NAZIONALE

 

 

Il decreto per l’istituzione Parco Nazionale delle Cinque Terre ormai è stato firmato con l'inclusione di Tramonti dalla Fossola al Persico.

Gli abitanti di Canrpiglia e di Biassa si aspettano che i due borghi collinari possano essere finalmente considerati dalle istituzioni, nazionali e locali per il loro valore storico ambientale.

S i  può pensare ad un loro ruolo turistico non marginale nel tentativo di rilancio economico della città e della Provincia. Alcuni importanti segnali giungono dal Comune della Spezia come la trasformazione della scuola di Biassa a Ostello e centro di informazione ai servizi del nuovo Parco.

In questa prospettiva appare stupefacente la decisione della Giunta Regionale  Ligure di autorizzare senza procedura di impatto ambientale la collocazione ad un miglio dalla costa, in corrispondenza della punta del Persico dell'allevamento di orate e branzini.

L'impianto, dopo un periodo sperimentale di un anno e mezzo (originale si noti la considerazione del mare delle Rosse come un sito da esperimento) con "sole " otto gabbie, prenderà le dimensioni di cinquantamila metri quadri: cinque ettari di boe ad un miglio dalla costa. Il turista visitatore del Parco Nazionale che deciderà di utilizzare Campiglia come accesso, dopo aver percorso la strada, quando finalmente arriverà alla "bocca dei cavallini" in vista de mare ed a confine del Parco si troverà davanti questo mega stabilimento.

Pertanto, oltre le serie perplessità per un allevamento di quelle dimensioni così  vicino ad un'area vincolata a parco terrestre e marino: inquinamento da mangimi. deiezioni, disinfettanti e medicinali, interazioni incontrollate con la fauna e flora locale, inquinamento genetico, etc., c’è anche la beffa di un impresentabile biglietto da visita per un visitatore che sicuramente sarà stato attratto dal fascino di un ambiente arcaico, particolarmente incontaminato e costituito dalla straordinaria architettura agricola delle terrazze di Tramonti immerse nella cornice selvaggia delle altissime scogliere a picco e della macchia mediterranea.

Con buona pace dei residenti, che sperano di rilanciare anche economicamente il loro territorio conservandolo, invertendo finalmente la logica nefasta di avere nuova occupazione al prezzo di disastri ambientali.

Per questi motivi le sezioni dei D.S. del ponente del Golfo ritengono la decisione di indicare un sito a distanza di un miglio dalla punta del Persico per l'impianto di acquicoltura, incoerente col contesto territoriale e prepotente nei confronti delle popolazioni che si sono espresse negativamente con una petizione popolare, attraverso il Comune della Spezia. la I° Circoscrizione, il Parco Regionale e ne chiedono l'immediato annullamento.

Le medesime Sezioni chiedono inoltre che il Comune di Riomaggiore, che pure si candida a leader del nuovo parco e quello di Portovenere che forse finge di avere l'impianto in casa per evitare di avercelo sul serio, prendano posizione su questa deliberazione della Giunta Regionale, e in accordo col Comune capoluogo inoltrino contro di essa ricorso in opposizione ai sensi dell'art. 18 della legge regionale n° 38 del 30.12.1998.

L'allevamento a nostro parere si può fare: "off shore", ad oltre due miglia dalla costa con uno studio specifico di impatto ambientale, nel rispetto dell'ambiente e delle aspettative di una popolazione che può accettare di vincolarsi l'uso della terra e del mare per valorizzarli anche come risorsa economica, non certo per farli deturpare da altri.

 

La Spezia, 22 maggio 1999

 

Le Sezioni dei D.S. di Marola - Cadimare - Fabiano - Pegazzano - Biassa

 

 

 

 

IL   COMUNE   HA   COMPRATO   UN   ANTICO   MULINO

(Tratto dal giornale "Il Secolo XIX", del 1 Maggio 1998, testo di Luciano Bonati.


Il Comune della Spezia ha acquistato un mulino a vento. Un'iniziativa proposta dalla Giunta e condivisa pienamente dal Consiglio. Il mulino è quello di Campiglia, raro esemplare di arcaiche strutture contadine che svettavano sul crinale. E' rimasto solo, purtroppo. Solitario e malandato. La pur robusta torre piazzata su 33 metri di superficie in cresta al sentiero numero 1 da Portovenere a Levanto ad ogni inverno perdeva un pezzo. Stava perciò trasformandosi pure in un pericolo pubblico, non solamente a causa dell'interferenza diretta nella principale via escursionistica spezzina, ma altresì trovandosi a gravitare su un'area che gli anziani di Campiglia (così come molte famiglie spezzine nei giorni festivi) hanno scelto per il proprio relax, essendo bene esposta al sole durante l'inverno e rinfrescata, d'estate, dalle brezze marine. Ma perché all'ente locale e' saltato in mente di comperare un mulino? Nella deliberazione d'acquisto (al prezzo lordo di 18 milioni) la ragione è evidenziata dalla volontà di "conservare i valori paesistici e quelli di strutture dentro il paesaggio stesso". Perché - spiega l'assessore e vice sindaco Luigi Merlo - fanno parte della cultura e della storia di un territorio. E perchè, adeguatamente valorizzati, ci aiutano a produrre ricchezza. Il mulino eolico di Campiglia, seppure nella bella arenaria del portale sia scolpito "Anno del Signore 1840" , affonda le radici intorno al secolo XVI. Rientra nella serie di quei mulini a torre - precisano gli esperti - che si componevano di una grande torre fissa ed una calotta conica mobile. Le pale erano orientabili tramite un timone di legno. Troviamo mirabili testimonianze nelle immagini fissate sulla tela da Agostino Fossati e sappiamo che l'efficienza di tali opifici e' durata fino alla fine del 1800. Un documento del 1748 ne dà' la conferma. A Campiglia non c'è più nessuno che ricordi le pale del mulino in movimento. Delia Canese, nata nel 1911, da ragazzina portava il grano a macinare alle Fornaci di Biassa. Un ricordo ancora fresco nella sua mente. Evidentemente il mulino di Campiglia s'era già messo a riposo. Hanno invece resistito più a lungo i frantoi, la cui macina era girata a mano. Angelo Sturlese ha in mente l'impianto gestito dal nonno materno, Fiorello. L'uliveto di Campiglia si estendeva allora da Navone al Chioso, dal Puntaèo alla Paganèla. Ora segue il destino che travaglia la vigna: il bosco e la macchia si riappropriano del territorio che il contadino aveva trasformato per poterci vivere.

 

LA   RIVOLUZUONE    FRANCESE   PASSO’   DA   BIASSA.

 La conferma in un berretto rosso che inneggiava alla libertà

 Tratto da “Il Secolo XIX“ . Articolo di Luciano Bonati. 

 La rivoluzione francese arrivò a piantare radici sino alle assolate ed aride terre di Tramonti di Biassa e di Campiglia. La conferma giunge da un berretto rosso comparso durante una rivisitazione storica promossa dal museo “Formentini” dall’ARCI, dall’associazione “Per Tramonti” e dall’APT, con il contributo della Provincia. E’ peraltro risaputo che a Tramonti stazionarono truppe napoleoniche, costruendovi il cisternone (ancor oggi utilizzato) della fonte di Nozzano. Non c’è da stupirsi se la ventata che poco prima si levò dalla Francia portò sulla piazza di Biassa, innalzato su un albero come una bandiera, un berretto rosso, simbolo della rivoluzione. Un gruppetto di biassèi - come ha ricordato la conservatrice del museo Nancy Rozzi, nel corso della lezione tenuta insieme  con Francesca Giacchè – montava la guardia, pronto ad intercettare eventuali forestieri che, se non inneggiavano alla libertà, venivano presi a schioppettate. Il berretto rosso ricorda molto anche i galeotti, a proposito dei quali la stria si imbatte in un certo Antonio Gianardi da Biassa, che nel 1668 ammazzò una compaesana. Costretto a remare sulle galere, un giorno riuscì a liberarsi e riacquistò rocambolescamente la libertà, assaporandola  tuttavia per un breve periodo. Acciuffato, fu nuovamente legato al remo. Turbolenti questi biassèi ? Di un indole ribelle si trovano frequenti testimonianze. Non è escluso-secondo la dottoressa Rozzi che essi siano stati profondamente influenzati dalle cellule anarchiche carrarine, essendo perennemente in contatto, questi contadini – scalpellini, per motivi di lavoro, con i cavatori delle Apuane. Giovanni Sittoni, che sulla gente di Biassa concentrò particolari studi carattere antropologico, ricavò l’impressione  di una comunità alquanto selvatica. Peraltro, poco più in là, a Riomaggiore, Telemaco Signorini era rimasto inorridito dalle miserevoli condizioni di vita, osservando che spesso le case non erano altro che umide e puzzolenti spelonche. Tanto a Biassa quanto a Riomaggiore, ad esempio, non esistevano latrine. Gli escrementi venivano gettati dalla finestra. Come i cavatori che, per tre volte, gridano “alla mina”, al fine di dare tempo ai passanti di porsi al riparo, così per tre volte le massaie urlavano “ar bèto” (lo butto) mettendo in guardia gli incauti dai nauseabondi proiettili che da lì a poco sarebbero piovuti. Altro interrogativo riguarda l’origine  dei biassèi. Profughi greci – secondo un sacerdote di Riomaggiore, Lorenzo De Battè - avrebbero dato vita a Riomaggiore. La medesime ipotesi qualcuno la azzarda per Biassa, mentre per Campiglia, i cui abitanti portano i cognomi Sturlese e Canese, si avanza una suggestiva congettura. Le storie raccontate da Nancy Rozzi e Francesca Giacchè parlano infatti di un corsaro di Sturla (lo Sturlese) e di un suo luogotenente di Cannes (il Canese) i quali, stanchi di avventure sul mare, decisero saggiamente di sbarcare a Tramonti per dedicarsi al più tranquillo lavoro della vigna.  

 

 

 

  DOCUMENTO   DEL   15   OTTOBRE   1997

 

Le pendici dei monti che si affacciano sul mare di Tramonti un tempo erano coltivate a vigna, dal mare sino quasi alla sommità. I contadini di Biassa e di Campiglia si dedicavano esclusivamente alla coltivazione dei vigneti a Tramonti e dei campi al di qua del crinale. Poi venne l'Arsenale e lo sviluppo delle città che distolse molti di questi contadini dalle loro fatiche agricole per dedicare parte del loro tempo ai lavori delle cave, dove ricavavano la pietra necessaria  al fiorire dell'edilizia spezzina. Pochi però furono i biassei irretiti dalla nuova condizione di vita . Il legame della terra di Tramonti e la libertà individuale aveva il sopravvento. Le cave e la terra armonizzavano un modo di vivere; assoggettarsi ad un lavoro dipendente era contro il loro modo di essere. Nel 1920, però, la fillossera diede un primo colpo ai vigneti di Tramonti. Si dovettero fare nuovi impianti con le viti "americane", inattaccabili dalla malattia ma richiedevano maggiore lavoro; i campi più lontani furono abbandonati e per il contadino, costretto a ridurre la propria attività, le vigne non furono più sufficienti alla sua esistenza e fu costretto a cercare lavoro nelle industrie  e civili della Spezia o emigrando all'estero. Nei ritagli di tempo che il lavoro in fabbrica gli lasciava libero, si dedicava a Tramonti per produrre il vino per sé e la sua famiglia, in questo aiutato dalla donna di casa.
Nei campi abbandonati cominciavano le frane. L'acqua piovana, non più convogliata nei canali, scendeva rapida in ruscelli che frantumavano ciò che era stato costruito nei secoli precedenti.
Il verde giardino dove vigevano rigide regole non scritte, dove il sentiero era mantenuto integro e pulito, dove l'acqua era regimata con saggezza contadina poco a poco precipita a mare.
Intanto dal mare le onde che si frangevano contro la scogliera naturale che impediva ai marosi di aggredire l'instabile costa, avevano trovato via libera e si abbattevano contro la base dei muri a secco che iniziavano dal mare. Era successo che sin dal 1948 i poderosi pontoni della ditta Neri di Livorno, con l'autorizzazione della Capitaneria di Porto della Spezia, con mare calmo si avvicinavano alle scogliere ed alle spiagge della costa di Tramonti e, attraverso mancine terminanti con benne dentate lanciate a pochi metri di profondità,asportavano, "rubandole al mare di Tramonti”, grossi scogli che, tratti a bordo finivano a rinforzare o costruire dighe in altri mari lontano dal nostro. Tutto questo è documentato dalle delibere fatte dal Consiglio del Circolo Contadini Riuniti di Biassa, organizzazione di soci vissuta sino al Marzo 1958, che denuncia questi atti. In data 13 Novembre 1948, il Consiglio del Circolo Contadini Riuniti di Biassa, presidente  Mirko Natale "delibera di presentare una protesta presso gli uffici competenti della Capitaneria di Porto per il prelievo di massi troppo vicini a terra effettuato dalla ditta Neri, nel mare di Biassa".
Il 5 Dicembre dello stesso anno deliberava "in merito alla ditta Neri per pescaggio massi lungo la costa marittima di Biassa"  e proponeva di "allontanare detta mancina, se possibile, da tutta la costa". Il Circolo Contadini ritornava alla carica nel 1955 con un verbale della guardia giurata del circolo stesso: "il giorno 7/3/1955 è stata presentata protesta alla Capitaneria di Porto della Spezia e consegnata a mano da Ferruccio Natale al comandante sig.  Giacometti  che ci assicurava di prendere tutti i dovuti provvedimenti".
Ma scarsi provvedimenti dovettero essere presi se in data 20 Febbraio 1957, il presidente del Circolo "da lettura dell'esposto fatto al Ministero per far si che per il pontone non si verifichi il ripetersi di esportare massi dalle nostre coste di Tramonti". Asportazioni che però avverranno sino al 1960. In conclusione, attualmente abbiamo un territorio che a causa: della grande acclività naturale, dell'abbandono del terreno artificialmente tenuto dai muretti a secco, dal dilavare dell'acqua piovana non più regimata, dall'insensato prelievo degli scogli alla base dell'orrido, Tramonti rovina a mare. Di esso salviamo il salvabile. Per l'uomo di Biassa la pietra era seconda soltanto alla vite. Cioè la sua attività prevalente era senz'altro la lavorazione dei vigneti di Tramonti ma la sua seconda occupazione era quella di cavatore. Dapprima, secoli addietro, quello delle cave era un lavoro a cui si dedicava una piccola parte della gente biassea. Gli stipiti e le soglie nonché le pietre stesse delle case di Biassa e Tramonti sono di quei tempi, come i basamenti dei grandi torchi usati per pressare le vinacce e che arrivavano a pesare alcune tonnellate. Le cave fornivano anche larghe lastre sottili che servivano per le gronde e per contornare il tetto onde fermare le ardesie di copertura o le tegole "marsigliesi" che provenivano da St. Henry - Marseille, come si leggeva sul retro. Talvolta i tetti, specialmente nei casotti sparsi per la campagna, erano direttamente ricoperti da queste lastre. Prima della costruzione dell'Arsenale il numero delle cave di arenaria aumentò a dismisura. Alcune sorsero in località Feetue Giaa nei pressi del cimitero; il monte Bramapane, lato Biassa, era costellato di grandi cave: quella dei Bertan e quella della Merdaòa; sul versante a mare del monte Verrugoli. Era stata aperta la cava Ferrando accessibile dallo spaccato del Colletto e più sotto, raggiungibile dal Telegrafo, la cava Schiappacasse e tante altre più piccole sparse su tutto il territorio di Biassa. L'ultima cava di arenaria, chiusa alla metà degli anni '50, è stata quella  Cidale posta quasi alla sommità del Verrugoli. A Tramonti successe la stessa cosa: erano state aperte cave vicino al mare a cominciare dal Persico e giù verso Schiara all'Aenello, poi nei Cantoni di fronte allo scoglio Ferale, alle Cà Vecie (Case Vecchie) di Monesteroli. La richiesta di manufatti  di arenaria era talmente tanta che ognuno si improvvisava cavatore: individuato uno sperone roccioso di arenaria nella sua proprietà, lo spaccava ricavandone piccole pezzature lavorate che poi vendeva.
Nei boschi sono rimasti piccoli crateri con pareti di roccia viva e tutt'intorno schegge di arenaria e pietrisco più sottile a dimostrazione delle varie delle varie fasi di lavorazione.
Migliaia di metri cubi di queste pietre lavorate furono utilizzate nella costruzione dell'Arsenale: grossi blocchi squadrati per le banchine, i gradoni dei bacini, i lastricati delle strade. Gran parte di questi manufatti provenivano dalle cave di Biassa e Tramonti.
L'arenaria di Biassa era molto richiesta tanto che con essa si sono lastricate molte delle strade di Genova; Milano, Nizza, Marsiglia e, addirittura, Buenos Aires.
Alla Spezia la prima strada ad essere stata lastricata è stato il "Carugio drito" o Via del Prione, pavimentato con i "tacchi" delle cave del Parodi nel 1823-24.
Prima dell'avvento del cemento ai primi del '900, che portò al fallimento di molte cave, l'arenaria era essenziale per l'edilizia dell'epoca per cui prima di essere utilizzata era sottoposta a svariate prove. Quella di Biassa era risultata la migliore in assoluto per la sua compattezza e durezza che determinava il massimo del peso specifico: un metro cubo di questo tipo di arenaria pesa infatti 2,7 tonnellate. 




 

UNA GUERRA CONTRO LE FRANE 

Tratto dal giornale Il Secolo XIX del 6 Marzo 1997, a firma di Luciano Bonati).

Tramonti di Biassa e Campiglia somiglia sempre più ad un castello costruito con blocchetti di sapone bagnato, che non vogliono saperne di stare in equilibrio. Non si fa in tempo a collocare un pezzo che un altro scivola via. Sembra un problema infinito per Giorgio Pagano, assessore ai lavori pubblici del Comune della Spezia, impegnato a ridare ordine e sicurezza alle antiche mulattiere che solcano la splendida "terra delle cantine" affacciata sul mare tra Portovenere e Riomaggiore.
Da appena quindici giorni si sono conclusi i lavori di rifacimento della scalinata di Monesteroli: proprio oggi scadono i termini per la presentazione delle offerte della gara d'appalto che prevede analoghe opere a Fossola, ed intanto scricchiola paurosamente tutto il fronte  da Schiara al Persico.
L'Amministrazione comunale da qualche anno ha preso a cuore il problema di questo territorio, uno dei più belli e suggestivi della nostra provincia, ed ha deciso di intervenire per cercare di bloccare il gravissimo fenomeno delle frane. I muretti a secco negli ultimi anni hanno ceduto e non sono stati rifatti e le conseguenze sono ormai sotto gli occhi di tutti da Tramonti a Riomaggiore.
Le frane hanno inghiottito la scalinata fino al mare e lambiscono, in alto, le casette alla quota dell'oratorio degli Angeli Custodi. Quale intervento prioritario si pone - precisa il tecnico comunale  Erminio Natale - il consolidamento del suolo con opportuna palificazione sul fronte franoso nella parte più elevata. L'importo  a base d'asta - viene precisato da Franca Comparoni, addetta al settore contabile - è di 345 milioni di lire. Domani le buste saranno aperte e verrà decisa l'aggiudicazione.
In procinto dunque di recuperare la scalinata di Fossola e ridato lustro a Monesteroli, ecco che l'allarme squilla su tutto il territorio di Levante, dove al danno delle acque meteoriche si aggiunge la devastazione ad opera del mare. Al Persico di Campiglia l'accesso alla marina è impedito; a Schiara un susseguirsi di frane allo scalo al Canazzo, dall'Arenella  alla Zina ed a Navone.
La scogliera che un tempo spezzava l'impeto del libeccio e dello scirocco è stata "smontata" anni fa e portata via per costruire dighe altrove, cosicché Tramonti ha perduto la protezione naturale ed ora il mare sbatte  subito contro la collina fragile scavandola e divorandola. Le casette alla Costa di Schiara, pur sorgendo a circa 300 metri di quota, si affacciano ormai sull'orlo di un burrone.
Il mare avanza ad ogni anno che passa.  Se non sarà ricomposto un cordone di rocce, la sua spinta non avrà più ostacoli. Dove prevalgono gli strati di detriti, lo spiaggione è raddoppiato; dove emerge uno sperone roccioso, il mare sbatte sulla parete e cancella ogni passaggio.
Eraldo Vertano, ostinato coltivatore a Zina, di fasce da sciacchetrà (che Dante Canese da Campiglia ha tenuto per una vita fiorenti come un giardino) si trasforma in marinaio ed alpinista contemporaneamente per raggiungere i campi: prima si toglie le scarpe e si rimbocca i calzoni per attraversare la pozza d'acqua salata; poi deve arrampicarsi lungo una scarpata dove ogni traccia di sentiero è sparita da un pezzo.

 

 

RESISTE   LA   TARGA   DEL   VENTENNIO

 

Campiglia – Una via a Borg Pisani eroe del regime che finì impiccato

 Articolo sul “SecoloXIX” del 28 Giugno 1996, a cura di Alberto Albonetti

 Lungo la strada di Campiglia sul muro di una delle casermette abbandonate di “Forte Cascino” o Costarossa, sopravvive una targa “viale Carmelo Borg Pisani, medaglia d’oro”. Non cercatela nello stradario. Si tratta di una targa “fuori corso”, collocata durante il ventennio; e Borg Pisani era un eroe dell’epoca. La distanza dalla città, e la sua indifferenza alle colline, hanno lasciato in vita questo pezzo storico. L’uomo così celebrato (addirittura la via diventa un viale) era un maltese, nato nel 1915, morto nel 1942. Preferiva gli italiani agli inglesi, lasciò l’isola e si arruolò nella Milmart, l’artiglieria in camicia nera. Poi tornò, da clandestino, a Malta, sul finire del 1942, a capo di una missione tanto rocambolesca quanto inutile e disperata. Un sogno, rovesciare il dominio britannico sull’isola. Quando già le fortune declinavano e sfumava l’invasione di Malta, progetto che no fu mai concreto. Finì male; Borg fu catturato ed impiccato. Il regime gli decretò la medaglia d’oro, e la piazzaforte spezzina gli intitolò questa strada. Una intitolazione che viene ad aggiungersi ad altre stranezze civiche. Vie che compaiono sullo stradario, sulla carta, poi non si trovano girando per la città. E viceversa. C’è la targa all’ingegner Carlo Alberto Bertella, che viene assegnata, ma non ancora collocata, perché attende la costruzione del porticciolo turistico; sarà la via che condurrà agli yachts. C’è la targa per lo scrittore spezzino Giancarlo Fusco, già assegnata però mai collocata, non si sa perché. E quella scalinatella che da via XX Settembre scende in via del Torretto. Un grave torto a Fusco, scrittore e giornalista bravo, professionale, molto rimpianto. Però costretto a segnare il passo.

 

 

 

SALVIAMO   TRAMONTI

 Il Comune ringrazia il popolo di Schiara

 Rifatta dagli abitanti la scalinata che scende al mare  

Articolo del giornale La Nazione, del 28 Ottobre 1994

 Intervento di Giorgio Pagano (Assessore ai Lavori Pubblici)

 

Nei giorni scorsi sono andato a Schiara - a nome dell’amministrazione comunale - per ringraziare tutti i cittadini che sono stati protagonisti di un’esperienza molto importante .

Sono stati infatti gli abitanti di Schiara a ripristinare la scalinata che conduce alle cantine e al mare, utilizzando i materiali che il Comune ha messo a loro disposizione. In questo modo non solo la spesa è stata più “produttiva”, ma anche il risultato finale è stato di una "qualità" altrimenti impensabile. Con l’appalto a un’impresa, insomma, non solo avremmo speso di più ma avremmo anche avuto un’opera meno riuscita: perché fondamentale è risultato l’impegno dei cittadini che amano la propria terra e che hanno una competenza in un lavoro peculiare ereditata da una lunga tradizione familiare. Ma sono andato a Schiara anche per testimoniare l’impegno ambizioso dell’amministrazione a contrastare il degrado di Tramonti. Tramonti è un bellissimo territorio artificiale, inventato e costruito dall’uomo. Secoli di fatiche durissime hanno trasformato la roccia a strapiombo sul mare in un sistema di terrazzamenti, contenuto da muri a secco, su cui vengono coltivate le viti. Ripide scalinate a gradoni di arenaria costituiscono il mezzo di collegamento tra i gruppi di cantine. tutto ciò, che fa unico Tramonti, rischia di “tornare alla natura”, alla macchia mediterranea: ciò non solo per la geologica del territorio, ma anche e soprattutto perché si è parzialmente interrotta la continua opera di manutenzione attuata da oltre 30 generazioni di contadini.

Aumentano i movimenti franosi, e cresce anche l’erosione marina: con quanta scelleratezza si depredano queste scogliere per costruire la nostra e altre dighe! Nelle prossime settimane ci recheremo nuovamente a Schiara, e poi al Persico, a Monesteroli, a Fossola: per discutere con gli abitanti su come utilizzare le risorse che abbiamo stanziato o che abbiamo ottenuto dalla Regione per la manutenzione di tutte le scalinate (nel complesso circa 400 milioni nel triennio). Non tutto si potrà fare con il volontariato ; ed è auspicabile la costituzione di un soggetto imprenditoriale autonomo, magari collegato alla Coop. Cinque Terre. Inoltre ci attiveremo per facilitare la costruzione di piccole strade interpoderali nella fascia alta della zona, per salvaguardare e valorizzare i beni archeologici e monumentali (come abbiamo iniziato a fare con l’iniziativa del 21 Ottobre) per utilizzare la scuola dismessa di Biassa quale sede di un archivio di materiale su Tramonti. Siamo però consapevoli che si tratta di interventi importanti, ma limitati, perché non sufficienti a  “controllare e   governare“  l’attuale fase di cambiamento di Tramonti e a combattere le radici profonde del degrado. Per questo occorre conoscere di più il territorio e i fattori che regolano l’ambiente: servono un’indagine geologica, urbanistica, ecc, e uno studio di fattibilità che si proponga di limitare i fenomeni franosi, di arginare l’erosione marina, di pianificare gli interventi tenendo conto dei bisogni di chi a Tramonti vive, di valorizzare l’ambiente come risorsa anche economica (agricoltura, turismo, cultura). Solo in questo quadro, per esempio, sarà possibile valutare l’indirizzo della galleria che già collega la Città di Monterosso. La  “concretezza“  insomma, ha bisogno di un’idea generale. Non sono cose che il Comune può fare da solo. Per questo, insieme all’Enea e Provincia, abbiamo presentato un progetto teso ad ottenere i finanziamenti comunitari “Life” che, se accolto, potrà diventare la prima tappa dell’enorme lavoro che ci aspetta. Infine dobbiamo far sì che non ci siano leggi che “strozzino”  Tramonti, come quella che, censendo i fabbricati rurali, mette sullo stesso piano le realtà agricole di una certa dimensione e le piccole cantine della zona. L’Amministrazione ha convocato, per questo obiettivo, i  parlamentari spezzini, ma il solo senatore Forcieri, per ora, si è preoccupato del problema. E’ auspicabile, invece, che anche altri intervengano su questa materia e sul complesso della "questione Tramonti": i parlamentari, a partire dal sottosegretario Grillo, i parlamentari europei, le altre istituzioni, le forze sociali. I mezzi di comunicazione locali potrebbero essere la   "frusta" per tutti coloro che hanno  delle responsabilità e che hanno il dovere di fare di tutto per salvare una delle zone più belle del nostro Paese. 

     


 

 

"SALVIAMO   TRAMONTI   CHE   MUORE"
 

Tratto dal giornale Il Secolo XIX del 23 Ottobre 1994 , a firma di Massimo Corradi )

"Salviamo Tramonti" . Con questo accorato appello il Comune della Spezia per bocca dell'assessore alla qualificazione del sistema urbano, Giorgio Pagano, intende promuovere la costituzione di un soggetto imprenditoriale autonomo per far fronte al degrado di una delle più belle zone del nostro comune. Tramonti infatti è un bellissimo territorio artificiale, inventato e costruito dall'uomo. Durante i secoli oltre trenta generazioni di contadini hanno trasformato la roccia a strapiombo sul mare in un sistema di terrazze coltivato a viti, rendendo più agevoli gli spostamenti con un fitto intreccio di sentieri e ripide scalinate letteralmente strappate alla macchia o alla roccia.
Il problema, noto anche ai comuni delle Cinque Terre, è il rischio che la natura si riprenda quello che l'uomo ha realizzato con enormi fatiche e che nei giorni scorsi gode purtroppo di scarsissima manutenzione.
La realizzazione del "Bosco-Parco" sulle alture spezzine perciò comprenderà anche quella zona che dal bosco porta ad un mare ancora incontaminato: già in questi giorni si sta provvedendo alla restaurazione di alcuni reperti archeologici della zona come il "Menhir" ed il "Posatoio", mentre i contadini di Schiara hanno ripristinato la scalinata che conduce dalle cantine al mare, utilizzando i materiali che il Comune ha messo loro a disposizione.
Dal punto di vista dell'amministrazione comunale questa dovrà essere la strada da seguire: un'attiva partecipazione di quei cittadini che per tradizione hanno competenza in un particolare lavoro per il quale non esistono maestrie non l'eredità da lunga tradizione familiare. Nei prossimi giorni quindi delegati del Comune si recheranno nelle località Schiara, Persico, Monesteroli  e Fossola per valutare insieme ai cittadini le possibilità di utilizzare le risorse stanziate, circa 400 milioni in arrivo dalla Regione Liguria.
L'appello dell'Assessore Giorgio Pagano è rivolto in particolare ai parlamentari spezzini di qualsiasi schieramento essi siano, affinché si riesca a tutelare Tramonti da quelle leggi che ne" strozzano" la rinascita, come quella che nel censire i fabbricati rurali equipara le piccole cantine di zone impervie con realtà agricole di ben altra dimensione.

 

 

NEL   PARADISO   DI   TRAMONTI 

Ricordiamo i progetti per Fossola, Monesteroli, Schiara e Persico.

 Tratto da il giornale “La Nazione“ del 16/4/93 a firma di Alberto Albonetti. 

Sapreste rispondere se vi si chiedesse di punto in bianco: c’è una spiaggia del comune della Spezia dove si possono ancora fare i bagni ? Questo luogo esiste. E’ Tramonti, fuori del golfo, sul mare aperto. Una mostra fotografica al centro Allende ci aveva invitati a conoscerlo meglio. Vi si potevano ammirare le fotografie di Marco Manfroni, Sandro Borrini, Stefano Lanzardo, Roberto Buratta, Patrizia Paoletti, Enrico Amici, Sergio Fregoso, oltre ad una collezione di vecchie foto raccolta dalla scuola e dalla popolazione che rievocano persone e ambienti locali. Questa mostra (la cui prima edizione fu presentata a Biassa) era nata dall’amore verso la loro terra da parte dei coltivatori di Tramonti, che sono abitanti di Biassa e Campiglia, e hanno dato vita all’associazione “Per Tramonti” che raccoglie  le “quattro terre” : Fossola, Monesteroli, Schiara, Persico. Come la pensano questi spezzini marginali, costretti a vivere tra cielo e mare confinati in un fragile precario paradiso? Lasciamo a loro la parola; “Sarebbe necessario spiegare che cos’è Tramonti, perché non resti un’astrazione, un nome fascinoso, ma poco concreto. Potremmo consigliare di dare uno sguardo alla letteratura – ancora poca a dire il vero - ispirata a questi luoghi, agli studi scientifici effettuati sul territorio – altrettanto scarsi - al materiale turistico più abbondante ma più centrato sulle coste delle Cinque Terre di cui Tramonti costitusce in realtà l’anticamera. Si potrà spiegare come si coltiva la vite in questa terra difficile, quei pochi che lo sanno ancora fare potranno illustrare come si tira su un muro a secco, ma nessuno potrà insegnare lo spirito di Tramonti e della sua gente. Tramonti non si spiega, va visto e vissuto. Solo così sarà , inevitabilmente, amato. E’ forse  una protesta contro La Spezia  e il desiderio di fare un “supercomune“ con le Cinque Terre. Giriamo la domanda a Franco Bonanini, sindaco di Riomaggiore, consigliere provinciale per il PSI e presidente della Coop. Agricoltura Cinque Terre: “Al momento non c’è alcuna intenzione di accorpare Tramonti, il problema è soprattutto di natura agricola, e in tutte le occasioni abbiamo chiesto, e ottenuto, che nelle leggi regionali Tramonti godesse delle stesse agevolazioni delle Cinque Terre, con le quali ha una perfetta affinità”.

 

 

 

 

UN PARADISO DA SALVARE

(Tratto dal giornale Il Secolo XIX  del 27 Novembre 1991, a firma di Bruno Della Rosa).


Biassa si mobilita per salvare Tramonti e fonda la Libera Associazione per la tutela di questo spicchio di terra situata fra i comuni  di Portovenere e Riomaggiore, unico lembo spezzino affacciato sulla costa delle Cinque Terre.
L'Associazione ha assunto la denominazione "Per Tramonti" che d'ora in poi sarà il simbolo di ogni iniziativa atta a valorizzare, ma soprattutto a preservare, i quattro "gioielli" che compongono la splendida località, ossia Fossola, Monesteroli, Schiara, Persico.
Lo statuto della neonata associazione che ha sede a Biassa , si propone di tutelare l'identità storica, culturale ed ambientale del sito, ma soprattutto di sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni sui problemi -  tantissimi -  che col tempo si sono aggrovigliati e mettono in pericolo la  struttura stessa di una delle più suggestive località della nostra costa, l'ultima finestra degli spezzini sul mare, senza diaframmi di gru, ciminiere e recinti di ogni genere.
E ovviamente si intende operare per evitare che il cemento sbarchi in questo ultimo paradiso, col pericolo di alterare, l'equilibrio fra l'uomo e la natura, mentre sarà dedicata una particolare attenzione per individuare e soddisfare le necessità generali  del territorio e della comunità che vi opera, nel rispetto delle tradizionali vocazioni agricole e marinare del luogo.
E su questo programma, Giancarlo Natale, presidente dell'Associazione, fa alcune considerazioni partendo da un amaro dato di fatto: il disinteresse del comune spezzino che sembra ignorare di possedere un patrimonio di così  grande valore ambientale.
Un disinteresse ormai datato : infatti fino agli anni sessanta il Comune teneva due cantonieri col compito di pulire le mulattiere ed i sentieri che intersecano la zona, ma da allora si è dimenticato dello spicchio di terra che pur gli appartiene e mulattiere e sentieri sono andati in malora, invasi da rovi ed erbacce. Natale traccia una panoramica molto interessante su questa area così obliata da amministratori e politici, dove una volta si coltivava l'uva regina, conosciuta come "l'oro di Biassa" venduta perfino nei mercati genovesi.
Le poche case rurali disseminate Fossola, Persico, Schiara, Monestroli stanno purtroppo cambiando la loro destinazione.  I foresti le comprano per farne dei ritiri per le loro evasioni estive e festive. I campi sono abbandonati al sessanta per cento, i muretti a secco, autentiche opere di architettura contadina, sono in gran parte franati e non c'è più nessuno che sappia ricostruirli.
Anni fa la Provincia aveva messo in cantiere un progetto volto al recupero di antichi mestieri e dei dialetti, e Natale a questo proposito dice che a Tramonti non starebbe male una scuola che insegnasse a ricostruire i muretti, mestiere tra l'altro assai remunerativo.
Purtroppo tutto è rimasto nel limbo delle buone intenzioni  e anche il Convegno del 1986 fra Provincia e Comune  per la rinascita di Tramonti, è rimasto una pia intenzione nonostante fosse stato creato un comitato per lo studio e la fattibilità  di interventi nella zona.
Da allora il degrado è avanzato e malgrado ciò è aumentato il numero dei visitatori alla ricerca dei paradisi perduti. Qualche cosa per evitare  le frane e l'abbandono del territorio, è stato fatto con l'installazione di tre monorotaie a Campiglia, Schiara e Monesteroli e con la progettata installazione di una centrale elettrica a cellule solari per portare l'acqua della galleria di Monesteroli in tutte le località della zona.
Ma per risanare Tramonti, secondo Natale, non basta il volontariato e nemmeno i pochi seppur apprezzabili interventi fra l'altro eseguiti dalla Cooperativa Cinque Terre e dal Cidaf: serve un intervento pubblico con progetti finalizzati, come ad esempio la costruzione della strada interpoderale a quota 300 metri che da Fossola, attraversando Tramonti, arrivi fino a Campiglia.  Per questa strada erano già stati fatti studi e ricerche sotto la direzione dell'architetto Erario, ma poi non se ne è più parlato.
Eppure, fa notare il presidente della nuova associazione, la strada poderale potrebbe essere il punto di partenza per la rinascita di Tramonti, assieme al recupero delle mulattiere e dei sentieri, arterie
Indispensabili a far affluire nuova linfa in questa terra bella da mozzare il fiato, ma destinata a morire senza interventi che le impediscano, in un futuro non troppo lontano, di franare in mare.

Fondatori

Ecco i nomi dei fondatori della Libera Associazione per la tutela di Tramonti:
Natale Giancarlo, Natale Anselmo, Finato Francesco, Gianardi Fulvio, Gianardi Antonio, Federici Massimo, Antonima Walter, Cidale Luciano, Casavecchia Attilio, Pellizzoni Francesco, Sassarini Plinio, Maggi Giuliano, Giacchè Agostino, Giacchè Francesca, Sturlese Mario Paolo, Ivani Sergio,
Nardini Palmiro, Gianardi Lorenzo, Bonanini Franco, Cerliani Marco, Merello Franco, Fasoli Giuseppe.  Presidente: Natale Giancarlo, vice presidente: Cerliani Marco, segretario: Gianardi Fulvio. Consiglieri: Federici Massimo, Ivani Sergio, Casavecchia Attilio, Giacchè Francesca, Cidale Luciano, Merello Franco, Bonanini Franco, Gianardi Lorenzo, Antonima Walter, Gianardi Antonio.

 

 

 

 

 

 


 
TORNEO   CALCISTICO   DI   BIASSA


 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 30-05-09