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Sotto l’albero regali da gourmet, e i cesti «doc» fanno boom
SARZANA — Sarà che i portafogli delle famiglie sono
sempre più scarni e mangiare non è un «optional». Sarà che il valore e la
qualità della dispensa di casa sono diventati nuovo simbolo di ricchezza.
Sarà che i due fenomeni portano nella stessa direzione il dono natalizio.
Così il Natale 2003 sta riempiendo i cesti di regali da gustare. E per la
ricerca di prodotti enogastronomici genuini, di qualità, speciali o
addirittura introvabili, i negozi del centro storico sarzanese sono una
tappa obbligata. Curiosando nelle «botteghe» del borgo occhi e palato
impazziscono mentre il prosciutto «Patanegra» sparisce dai banchi a botte di
130 -160 euro al chilo. Da Sarzana non parte più solo la tradizionale
spongata, dono già adottato dai romani. L’antica pasticceria Gemmi per
festeggiare i suoi 60 anni di attività, ha «inventato» la gemma attraverso
una ricerca di vecchie ricette. E il nuovo dolce, al delicato gusto di
cannella, è finito nelle case di molti turisti come la spongata. In via
Cicala la «Bottega di Ferrarini» ha riempito cesti di mostarde selezionate,
marmellate particolari, caviale, foie-gras, bustine di introvabile Zafferano
di Campiglia. Ha smerciato preziosissimo caviale iraniano, il tonno rosso di
cui vanno pazzi di giapponesi e tartufo fresco preso direttamente dai
cercatori, ma anche formaggi introvabili e i vini più adatti per gustarli.
Le «Officine di Luni» in via Landinelli hanno puntato sulla produzione
locale, come il punto vendita aperto dalla Coop Fratellanza Agricola in
piazza Matteotti. Nelle «Officine» tutto, dall’enogastronomia
all’oggettistica, è prodotto nel territorio della Lunigiana storica. Il
lardo di Colonnata è il più gettonato per i cesti natalizi con le acciughe
di Monterosso e i bianchetti, ma non mancano pasta, olio, formaggi della Val
di Vara, confetture, sughi, miele. Qui hanno ripescato dalla tradizione
lunigianese i «Pipin», portafortuna in ceramica che venivano portati in
chiesa alla nascita di un bambino. L’enogastronomia tipica spazia nella
cosmetica alla rivendita della Fratellanza Agricola che propone anche i
saponi all’olio di oliva di un’azienda della val di Magra. Dalla «Valeria»
di Paracucchi in via Mazzini la scelta di prodotti artigianali e ricercati è
ormai consolidata. Nell’enogastronomia «De Sarzano Le due Lune» Michele
Grassi accompagna i clienti nel suo scrupoloso viaggio alla ricerca di
prodotti genuini. Ha cancellato dalla lista dei fornitori quelli su cui ha
il minimo dubbio che utilizzino prodotti transgenici. Vini e liquori li
conosce tutti e ha selezionato i più «veri». «La filiera — dice — inizia
dalla mente e dal cuore del commerciante».
E
la Sarzana gastronomica finisce sotto l’albero.
DEBUTTA LO ZAFFERANO "doc"
Un chilo di spezie è il raccolto del
2003, destinato a crescere
Mercatino oggi nella canonica, con le
specialità gastronomiche e la marmellata di fichi d’India
Articolo de " Il Secolo XIX "del 23 Novembre 2003, a
firma di Cristina Bertucci
Prima uscita pubblica per lo zafferano di Campiglia
targato 2003. Oggi nel piccolo borgo del Parco nazionale delle Cinque Terre,
si celebra infatti la "Giornata dello zafferano": in canonicaè stato
allestito un ricco mercatino, aperto dalle 10 alle 18, dove si possono
acquistare bustine di zafferano da 0,1 grammi e assaggiare prodotti
preparati con la gustosa spezie. In vetrina anche una collezione di bambole
confezionate a mano da un’artigiana di Riomaggiore, Stefania Gasparini, che
le ha vestite e acconciate come le contadine campigliesi di fine Ottocento.
" Con questa iniziativa – spiega l’ingegner Pier Paolo Bracco della
"Associazione Campiglia" che quattro anni fa, in via sperimentale, ha
avviato la coltivazione dello zafferano nello Spezzino – lanciamo
ufficialmente il raccolto di quest’anno, terminato appena dieci giorni fa.
Come è andata? Magnificamente: abbiamo raccolto oltre centomila fiori che,
dopo l’essiccazione al sole, hanno prodotto quasi un chilo di zafferano
purissimo, rispetto ai circa sei etti della scorsa stagione. La siccità
dell’estate scorsa non ha influito su qualità e quantità perché le piantine
hanno bisogno di pochissima umidità". La produzione, ad oggi, interessa
quindici terrazze a picco sul mare. Ma l’ampliamento è dietro l’angolo: il
Parco infatti, intenzionato ad annoverare lo zafferano tra i suoi prodotti
tipici, ha appena terminato di piantare in un campo di 2000 metri quadrati
quattro quintali di bulbi. Dal prossimo anno, quindi i coltivatori della
riviera interessati al nuovo business potranno acquistare direttamente le
piantine in loco senza importarle dalle uniche regioni italiane produttrici
di zafferano: Toscana, Abruzzi, Sardegna. " Durante il mercatino – riprende
Bracco – presenteremo anche il "ricettario campigliese" e un libretto sugli
"Sturlese" e i "Canese" sparsi nel mondo: sono i cognomi tipici locali e due
studiosi, Piero Lorenzelli ed Enrico Canese, li hanno rintracciati tutti".
Infine una prelibatezza: in mostra anche la marmellata di fichi d’India di
Campiglia. " Un frutto – conclude Bracco – che stiamo coltivando in via
sperimentale". La prossima vetrina dei prodotti di Campiglia sarà la fiera "Agroalimentare",
in piazza Europa dal 29 Novembre.
LO ZAFFERANO FRA LE BAMBOLE
Articolo su La Nazione
del 20 Novembre 2003, a cura di Luciano Bonati.
Per due giorni, sabato e
domenica prossimi, dalle 10 alle 18, l’Associazione Campiglia metterà in
mostra i prodotti tipici del proprio territorio dentro il perimetro del
Parco nazionale delle Cinque Terre e gli associati potranno acquistarli. E’
una sorta di prova generale nell’imminenza della Campionaria, cui anche
quest’anno la frazione collinare della Spezia parteciperà con le confezioni
di zafferano e di marmellata di fichi d’India. La “campionaria fatta in
casa” si terrà nei locali della canonica e costituirà l’occasione non
soltanto per fare il bilancio del raccolto 2003, ma anche per discutere dei
problemi di Campiglia e del suo futuro: i trenini a cremagliera, la
sistemazione dei principali sentieri, l’acquisto di nuove barbatelle,ecc. Lo
zafferano, infatti, non soppianta la vigna a Tramonti, bensì va ad occupare
le fasce da tempo abbandonate, dove il contadino non ha più la forza, né la
voglia di piantare le viti. Più conveniente solcare i bulbi di zafferano a
settembre e già due mesi dopo coglierne i remuneratissimi fiori.
Significativa, a tale riguardo, l’iniziativa intrapresa dal Parco Cinque
Terre, che in territorio campigliese, tra via Bonassa e Cerri, ha messo lo
zafferano e due settimane fa è pervenuto al suo primo raccolto. Nella fiera
paesana di fine settimana in Canonica, accanto alle confezioni di zafferano
e di marmellata saranno presentati un ricettario campigliese ed un originale
libretto sugli Sturlese ed i Canese sparsi nel mondo (i due cognomi
predominanti a Campiglia sono stati oggetto di una ricerca condotta da Piero
Lorenzelli ed Enrico Canese). C’è inoltre viva attesa per ammirare una serie
di bambole straordinarie che verranno esposte. Sono state costruite da
un’abile artigiana di Riomaggiore, Stefania Gasparini, che le ha vestite con
l’abito da lavoro e con quello della festa (rinomati quelli di Biassa)
indossati dalle contadine di Campiglia nell’800. Infine, sarà dato annuncio
dell’imminente uscita di un libro su Tramonti di Campiglia scritto da più
mani, come fece la gente di Pignone otto anni fa col proposito di
“ripartire dalla propria storia”.
FRANE A TRAMONTI E FOSSOLA
Articolo del 29 Luglio 2003 sul giornale La Nazione
Saranno avviati i lavori di risanamento idrogeologico
nella zona di Tramonti interessata da consistenti fenomeni franosi. A
Fossola inizieranno i lavori del terzo lotto (413 mila euro) per il
rifacimento di muri a secco, la realizzazione di nuove scale in pietra, il
consolidamento con opere speciali a valle dell’abitato di Fossola per
ripristinare i terrazzamenti e mettere in sicurezza gli edifici, la
realizzazione di opere di regimazione idraulica indispensabili per evitare
fenomeni di ruscellamento che contribuirebbero a creare nuove situazioni di
pericolo. Sempre nell’area di Tramonti inizieranno i lavori di un muro
di contenimento del movimento franoso e di ripristino della viabilità in
località Persico (154 mila euro). Gli interventi si erano resi necessari a
seguito della straordinaria ondata di maltempo che colpì la zona
nell’autunno 2000 provocando una frana che coinvolse il tratto terminale
della scalinata comunale che da Campiglia arriva al mare. Questi gli
interventi: realizzazione di un muro di sostegno al piede del versante in
frana, ricostruzione in pietra locale del tratto franato della scalinata e
opere di consolidamento del versante con la costruzione di muri in pietra,
regimazione delle acque piovane e nuove piante.
AUGURI,
MARIA!
LA LAMPARA COMPIE 40 ANNI ED OFFRE UN SIMPATICO RINFRESCO A TUTTI
Articolo su La Nazione del
10/6/03, a cura di Luciano Bonati.
CAMPIGLIA — «Compiamo 40 anni e desideriamo offrire a tutti un rinfresco: venite
alla nostra festa».
L'insolito invito giunge da Campiglia, dove il festeggiato è il ristorante "La
Lampara", che il 12 giugno 1963 soppiantò un modesta osteria a menù obbligato:
pane e acciughe salate accoppiate al vino bianco secco di Tramonti.
Sulla via per Tramonti sorge appunto "La Lampara", fondata da Maria Sturlese,
che continua a gestirla assieme al figlio Marco Cerliani ed in prima persona
sovrintende alla componente più delicata dell'esercizio, cioè la preparazione
dei piatti.
Al riguardo, nel rispetto della tradizione contadina, la valorizzazione di certe
ricette si perpetua, in ciò rappresentando una rivisitazione della condizione
sociale, di tempi in cui a tavola sedeva la miseria. Eppure oggi quelle
ricette da poveri vanno per la maggiore.
Nel menù attuale, comunque, sul trono siede il pesce, cucinato in vari modi e
che felicemente si sposa con i vini locali. Sono peraltro vini che si fregiano
della Doc Cinque Terre, poiché la specifica perimetrazione ingloba l'area di
Tramonti.. Non solo: il territorio è pure compreso nel Parco nazionale delle
Cinque Terre, quasi anticipato dai giornali che nel 1963, in cronaca spezzina,
riportando l'inaugurazione della "Lampara" scrissero: «E' un evento destinato a
dare impulso al turismo nel Golfo della Spezia e nelle Cinque Terre».
Un evento che non mancherà di essere celebrato, nel pubblico banchetto alle
16,30 di giovedì 12, con il re dei vini, lo sciacchetrà, bianco e nero.
UN GRANDE SUCCESSO PER LO
ZAFFERANO DELLE CINQUE TERRE
Oggi comincia la
raccolta dei nuovi fiori
La Spezia. Il Parco nazionale delle Cinque Terre diventa "imprenditore" dello
zafferano. La coltivazione della più preziosa delle spezie, avviata quattro anni
fa in via sperimentale a Campiglia su intuizione dell'omonima associazione, s'è
rivelata un successo. Fiutato il business, il Parco ha deciso di lanciarne una
propria linea: ha appena terminato di piantare quattro quintali di bulbi in un
campo di duemila metri quadrati. Una volta maturi li venderà ai coltivatori
della riviera che potranno piantarli nei propri terreni, per poi mettere sul
mercato le bustine di zafferano griffate "Cinque Terre".
La produzione, per
ora, interessa quindici terrazze a picco sul mare e oggi inizierà la raccolta
dei centomila fiori sbocciati quest'anno.
Ottime le previsioni sul fronte qualità
e quantità. «La siccità non ha affatto danneggiato le piantine, bisognose di
pochissima umidità — anticipa l’agronomo Luca Lobosco, presidente dell’ordine
regionale e provinciale degli agronomi e tecnico dell’Associazione Campiglia che
opera in stretta sinergia con l’ente Parco
— Ci aspettiamo quindi una produzione strepitosa, pari almeno a quella dello
scorso anno che fu di circa sei etti di zafferano purissimo: una quantità
importante che conferma l’ottima predisposizione di terra e clima a questo tipo
di coltura che, tra l’altro, non richiede interventi impegnativi da parte degli
agricoltori ». Dopo la raccolta, che terminerà a metà novembre, i pistilli
verranno essiccati al sole e già a dicembre le bustine contenenti l’oro di
Campiglia saranno in vendita a dieci-venti euro il grammo (una bustina da 0.10
grammi insaporisce un risotto per quattro persone; ndr). «Il Parco — conclude
Lobosco — è intenzionato ad annoverare lo zafferano tra i suoi prodotti tipici e
la creazione del campo per la produzione casalinga dei bulbi ci eviterà di
importarli dalle uniche regioni italiane in cui si coltiva la costosa erba
aromatica ossia l’Abruzzo, la Sardegna e la Toscana». Una curiosità: gli antichi
greci erano convinti che lo zafferano rinvigorisse gli appetiti sessuali.
Chissà... (Il Secolo XIX)
DAL
MINISTERO ALLA VIGNA
Canesi, braccio destro di Ronchi, investe risparmi nel
recupero dei campi.
Articolo del giornale "La Nazione" del 27 Aprile 2003, a
firma di Luciano Bonati.
Il ministro ha firmato il decreto d’istituzione del Parco,
però il suo "braccio destro" lo ha superato: credendo a sua volta fermamente
nella salvaguardia e nell’ordinata crescita della pregiata area Cinque Terre, ha
infatti imbracciato la zappa affrontando in prima persona la lotta al degrado
ambientale attraverso la restituzione della vigna laddove essa è soppiantata
dalla macchia. Così Riccardo Canesi, già capo della segreteria di Ronchi, si
ritrova contadino pendolare tra Roma e Riomaggiore, consumando il tempo libero
ed investendo i propri risparmi sulle alture fra Lemmen e Cericò, due dei
quattro villaggi agropastorali che verso il 1200 fecero crescere la Riomaggiore
della marina. Il "politico" Canesi, dunque, non è rimasto ai comizi, ma ha
sottoscritto il gravoso impegno di ridare efficienza, garantendola per vent’anni
ad un vigneto di 3500 metri quadri e di garantire nel contempo la manutenzione
ad un’accorpata lecceta di 6500 metri d’estensione. Il frutto del lavoro già
compiuto, con l’aiuto di operai di Riomaggiore, è evidente: le fasce abbandonate
sono tornate in buona parte a nuova vita, con muretti a secco ricostruiti e
messa a dimora di 3000 barbatelle di albarola, bosco e vermentino, i vitigni che
concorrono alla produzione del Doc "Cinque Terre" e del "Cinque Terre
Sciacchetrà". Ha ripreso inoltre la funzione residenziale, seppure part-time, il
rustico al centro dell’accorpamento, un nido d’aquila che spazia dal Tino al
Mesco e che accoglie gli ospiti con alcuni versetti, incisi nell’arenaria
all’ingresso, di una celebre ballata di Joan Manuel Serrat, il più grande
cantautore della Catalogna: " …Son cantante, son bugiardo / amo il gioco ed il
buon vino / sono un uomo nato al mare. / Che ci posso fare se / son nato in
Mediterraneo?..." E’ contento di faticare e sudare sul monte di Cericò il
contadino "ministeriale" Canesi? Egli confessa di sentirsi doppiamente appagato
nell’animo, avendo scoperto di avere salde radici su queste rupi. Il bisnonno di
suo nonno veniva da Campiglia (la porta dell’attuale Parco delle Cinque Terre),
dove nacque nel 1788 e dove riposa in tomba eterna, fatta di marmo di Carrara.
Perché come tanti Canese e Sturlese di Campiglia aveva dovuto lasciare il paese
per trovare lavoro come scalpellino. Chi nelle arenarie della Provenza, chi
nelle cave di Carrara, come lui.
Frutta,via
ai fichi d’India
Dopo lo zafferano,
adesso sulle terrazze sopra Tramonti si punta a lanciare una nuova produzione.
Lo zafferano è decollato, ora in rampa di lancio c’è il Fico d’India.
L’Associazione Campiglia, fra le cui finalità statutarie figura il recupero di
terre incolte anche attraverso colture diverse dalla vite e dall’ ulivo, dopo il
successo ottenuto con lo zafferano punta sui fichi d’India. Piantagioni
spontanee prosperano tra le rovine di fasce terrazzate sul mare di Tramonti e
fruttificano in abbondanza pur non ricevendo cure. Ora si prova a mettere ordine
al territorio avviando un progetto capace di produrre reddito. Lunedì 15 marzo
sarà illustrato il piano di recupero di una serie di terrazzamenti fra il
Persico e Navone, dove alcuni proprietari provvederanno di persona alla
coltivazione dei campi ed alla raccolta dei frutti. Questi saranno
commercializzati freschi, oppure trattenuti per farne marmellata. Al riguardo,
l’Associazione Campiglia si propone di reperire in paese il locale dove
installare un adeguato laboratorio. Nell’anno in corso si dovrebbe raggiungere
una produzione di circa 10 quintali. C’è già un produttore in proprio e la sua
esperienza unita ai risultati (3 quintali di frutti all’anno) funge da
catalizzatore in questa operazione di valenza economica ed ambientale: oltre un
guadagno immediato, si consegue infatti la difesa del territorio dalle frane.
(Luciano Bonati)
Sciacchetrà e Cinque Terre |
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Il vino
è un fattore economico notevole che influisce anche sull’assetto sociale di
una parte della costa spezzina. La produzione del vino ha salvaguardato
l’ambiente. I vigneti sono stati curati da chi vive e opera su quella poca e
scoscesa terra. La cura delle fasce e dei muretti a secco ha dato come
risultato un ottimo e ricercato prodotto, ma hanno anche salvaguardato
l’ambiente che, in mancanza del costante intervento dell’uomo, sarebbe
franato inesorabilmente al mare. Tutti i comuni delle Cinque Terre -
comprese Manarola e Corniglia frazioni rispettivamente dei comuni di
Riomaggiore e Vernazza - nonché parte del confinante territorio della
Spezia, denominato Tramonti di Biassa e Tramonti di Campiglia, producono un
ottimo vino denominato appunto "Cinque Terre".
Le uve impiegate sono Bosco, Albarola e Vermentino; la gradazione si aggira
sui 12 gradi; colore giallo tendente al paglierino, odore con sentore di
erbe con lievissimo piacevole salmastro; sapore secco, morbido, delicato;
tempo ideale per il consumo 6-12 mesi dalla vendemmia. Un altro vino tipico
è lo Sciacchetrà o Rinforzato. Si realizza con le stesse uve del precedente che vengono
scelte con cura e lasciate appassire al sole per circa un mese, poi separate
dai raspi, schiacciate subito spremute. Il risultato è un vino ambrato,
gradevole, vellutato, con un retrogusto di albicocca e pesca, fiori di
acacia e di campo. Un vino raro, eccezionale, da gustare soli o, ancor
meglio, in compagnia. Una piacevole compagnia. |
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