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LO ZAFFERANO
Lo zafferano era molto diffuso tra i
popoli antichi. Il nome scientifico dello zafferano è "Crocus Sativus L."
che deriverebbe dal termine ebraico "karkom" modificato dai fenici in "krakhom";
"zafferano" prende origine dal termine arabo "jafaran" trasformato dal
persiano "sahafaran" derivante dalla parola "asfar" che significa giallo Il
suo uso era vario: veniva usato per colorare le vesti, per preparare
unguenti e profumi, per tingere le bende delle mummie egiziane. In Persia
era ampiamente usato come afrodisiaco. Anche nella mitologia greca possiede
una valenza erotica: il dio Ermes, consigliere degli innamorati, risvegliava
il desiderio sessuale servendosi di questa spezia. Lo zafferano era
conosciuto in Italia sin dall' epoca romana e veniva utilizzato per cucinare
la selvaggina, per preparare vini aromatici. Si dice che i cuochi che erano
riusciti ad esaltare i cibi con lo zafferano fossero molto contesi fra le
famiglie patrizie, ma la sua diffusione in Europa si ebbe per opera degli
arabi. Zafferano, nome usato da Virgilio, deriva dal greco e significa "filo
di un tessuto" allusione alla forma degli stimmi. Secondo Ovidio deriva da
Crocus che disperato nel vedere la giovane Smirax morire d'amore per lui, fu
mutato in questo fiore. Anche gli indiani lo considerano da sempre un
potente afrodisiaco: in medio Oriente le donne in gravidanza lo applicano
vicino all'ombelico per assicurarsi un parto veloce; ritenuto oggi uno
stimolante sessuale, è associato dalla tradizione alla gaiezza procurata da
una vivace attività erotica: per questo motivo, in allusione ad una notte di
sesso felice, il linguaggio popolare ha coniato l'espressione “dormire in un
sacco di zafferano”. Dopo l’invasione araba della Spagna nel 961 a.C. e il
conseguente dominio marittimo dei Saraceni vi fu un aumento notevole
dell’uso di questa spezia in tutto il bacino del Mediterraneo. La Spagna
capì rapidamente che lo zafferano sarebbe stato fonte di ricchezza e cercò
di ottenere il monopolio della coltivazione. Questo portò all’emanazione di
leggi molto severe verso chi cercava di esportare i bulbi fuori dal paese:
era prevista la prigione ma perfino la morte. Nel medioevo esso era simbolo
di ricchezza: basta pensare che 500gr. valevano come un cavallo! Se il pepe
è il re delle spezie, lo zafferano è la regina: molti uomini nel passato
hanno rischiato la vita per questa spezia, rara e preziosa come l'oro. L'uso
dello zafferano si è diffuso soprattutto in presenza di una società
aristocratica in grado di appezzarne le qualità culinarie affiancata da una
classe di schiavi in grado di sopportare le fatiche legate alla sua
coltivazione. I Romani lo usavano per ricoprire le strade creando un tappeto
dorato per Principi o Imperatori. Lo zafferano Crocus sativus è una pianta
triploide e pertanto sterile come la banana (almeno quella che noi
conosciamo in Italia), di conseguenza viene propagato tramite i bulbo-tuberi
(cormi), detti impropriamente bulbi. I produttori di zafferano, ormai
pochissimi in Italia (zona di Navelli vicino all'Aquila, ed in Sardegna)
dato l'altissimo costo della raccolta e della coltivazione, vendono i cormi
a caro prezzo e con difficoltà.Il prodotto italiano è molto buono dal punto
di vista qualitativo quasi certamente per cause genetiche, ma anche
colturali e di trattamento post- raccolta. Altro paese produttore è la
Spagna. In Italia la maggior parte dello zafferano usato nell'industria
alimentare viene importato a costi molto bassi da altri paesi come Egitto,
India e soprattutto Iran: la qualità è scarsa soprattutto per il trattamento
post-raccolta inadeguato in quanto i principi aromatici sono molto delicati
e pertanto si verificano delle idrolisi in ambiente umido. Il safranale è
responsabile del potere aromatico dello zafferano.
La picrocrocina è un
glucoside amaro che per idrolisi si scinde in D-glucosio e in safranale. Il
safranale è l’aldeide terpenica che si forma durante l’essiccamento e la
conservazione del prodotto che contribuisce, tra i costituenti volatili,
alle qualità dell’aroma. Per la valutazione del potere aromatico è stato
determinato il contenuto di safranale attraverso una gascromatografica
previa distillazione in corrente di vapore. Il valore medio è intorno al 4%.
Inoltre, lo Zafferano è una spezia ricchissima di antiossidanti e la
cottura non ne altera le caratteristiche. Le numerose ricerche pubblicate
sulle riviste scientifiche parlano chiaro: lo zafferano è il re degli
antiossidanti. Che cosa significa ? Lo stress, il cibo, l’aria inquinata
creano continuamente nel nostro organismo delle sostanze tossiche chiamate
radicali liberi. Sono molecole che danneggiano le cellule e che
favoriscono l’accelerazione dell’invecchiamento. Gli antiossidanti sono
capaci di neutralizzare i radicali liberi, sono guardiani davvero preziosi
per la nostra salute. Questi alleati della nostra salute derivano
dalla crocetina, dalla crocina e dalla picrocrocina cioè da quei principi
attivi che ne determinano il potere colorante e che appartengono alla
famiglia dei carotenoidi. Nello zafferano il contenuto di carotenoidi è
dell’8% contro lo 0.008% della carota che è riconosciuto come uno dei
vegetali naturali più ricco di tale sostanza. Per avere gli stessi livelli
di carotenoidi nel sangue e quindi per sprigionare i relativi effetti
antiossidanti derivanti da 0,5 grammi di zafferano sarebbe necessario
mangiare 3 etti di pomodori, 2 etti di carote, 3 etti di peperoni e 2 etti
di spinaci! In generale, l’attività antiossidante dei caroteni, combattendo
i radicali liberi, protegge contro l’invecchiamento e probabilmente ha anche
effetti antitumorali. L’uomo produce ogni giorno 5 gr. di scorie che
favoriscono l’invecchiamento. Ebbene con la vitamina E ne eliminiamo il 3%,
con la vitamina C il 10%, con lo zafferano addirittura il 20%. Ma cosa è in
realtà lo zafferano?! E’ un fiore meraviglioso, classificato appunto come
“Crocus Sativus” della famiglia delle Iridacee di colore lilla chiaro o
viola purpureo.
Dentro la sua corolla si trovano tre filamenti rosso vivo-arancio che
contengono una sostanza detta “crocina” componente responsabile
dell’inconfondibile colore giallo. Lo zafferano contiene inoltre le vitamine
B1 e B2, componenti necessari per la crescita, per il metabolismo dei
grassi, delle proteine, dei carboidrati, promovendo la salute in generale.
Inoltre gli aromi naturali hanno benefici eupeptici cioè favoriscono la
normale funzione digestiva. I fiori vengono raccolti all’alba quando sono
ancora chiusi. Gli stimmi vengono seccati al sole o con altro metodo, e
durante questa operazione viene perso circa quattro quinti del peso
originale. Da ogni fiore viene ricavata una quantità minima di spezia: per
un chilo di zafferano occorrono 150.000 fiori, due mesi di lavoro. Qual’è la
spezia capace di farsi apprezzare a tavola e, nello stesso tempo, essere un
vero e proprio elisir di lunga vita? La risposta è semplice: lo zafferano. I
suoi stimmi, infatti, sono una miniera di sostanze preziose per l’organismo
in quanto lo zafferano contrasta l’invecchiamento, stimola il metabolismo e
favorisce le funzioni digestive. Ma come sfruttare queste proprietà
benefiche ? Nel modo più naturale, cioè a tavola. Perchè lo zafferano è il
gustoso complemento di numerose ricette, una magia cromatica che grandi
cuochi impiegano abitualmente per insaporire e cambiare volto a tante
portate. Questo spiega il costo sorprendentemente alto, ma per fortuna un
pizzico di zafferano è sufficiente per conferire sapore e colore alle
pietanze, grazie al suo profumo ed al suo gusto inebriante. E’ sorprendente,
ma molti liquori digestivi contengono zafferano. Grazie ai suoi aromi
naturali, ai pigmenti e ai numerosi principi attivi, questa spezia ha una
notevole azione stimolante sull’apparato digerente. Lo zafferano entra
immediatamente in circolo aumentando la secrezione della bile e dei succhi
gastrici, facilitando quindi la digestione. A Campiglia la coltivazione
dello zafferano è cominciata agli inizi degli anni ’50 per iniziativa di un
paesano che portò alcuni bulbi, tentando questa nuova coltura. In queste
nostre zone, fino a qualche decennio fa era abbastanza comune trovare piante
di “Zafferanetto” (o come detto dai contadini “zafferano selvatico”, che
fiorisce nei mesi di Febbraio-Marzo, vedere immagine accanto). Il risultato fu discreto, in quanto
ove furono messi a dimora i bulbi, rappresentava il sito ideale per la
pianta. Lo zafferano necessita di terreno molto sciolto e drenante, come
quello che si trova a Campiglia. Dopo questo tentativo, durato alcuni anni,
teso soprattutto a soddisfare la curiosità del nuovo, la coltivazione dello
zafferano fu poi abbandonata. Nel 1998 un gruppo di campigliesi ha fondato
l’Associazione Campiglia, con diversi scopi: la prima finalità è stata
quella del rilancio dell’economia del borgo, recuperando innanzitutto i
caratteristici
terreni terrazzati ormai incolti da
anni, ha programmato di reintrodurre coltivazioni che, un tempo
marginali e abbandonate, con ridotto impegno di manodopera (anche se
concentrata in determinati periodi), potessero garantire un minimo reddito
tale da giustificarne il recupero e la lavorazione. A
tal fine ha iniziato a stimolare l'interesse dei propri Associati, in
particolar modo di quelli ancora sia pure parzialmente coltivatori, per due
prodotti: lo zafferano ed i fichi d'India. Per il primo, lo zafferano.
Dopo aver effettuato visite ed incontri nelle più note zone di produzione
(Toscana - Abruzzo - Sardegna) confortata anche dalle indicazioni del
tecnico-agronomo Dottor LO BOSCO LUCA, che ha sempre creduto
nell'iniziativa, l'Associazione si è convinta che i terreni a circa 300/400
metri sul mare, lato TRAMONTI, fossero i più indicati e per alcuni aspetti
fra i migliori a livello nazionale, per la coltivazione dello zafferano. In
tre anni si è passati da una iniziale semina di 500/600 bulbi ad un impianto
di circa 60.000 bulbi con una produzione di zafferano in pistilli essiccati
denominato proprio "Zafferano purissimo di Tramonti di Campiglia",
ammontante a circa 1 KG. Il prodotto in varie confezioni è stato presentato
a Fiere ed Esposizioni ottenendo un ottimo apprezzamento per il particolare
gusto ed aroma. Attualmente il PARCO NAZIONALE DELLE 5 TERRE, in
collaborazione con l'Associazione CAMPIGLIA, sempre nel versante di TRAMONTI
e nelle vicinanze del Paese ha recuperato una zona di circa 4000 mq. di
terre incolte, ove ha impiantato circa 30.000 bulbi destinati alla
"riproduzione": dopo circa 3 anni da un bulbo nascono dai tre ai
cinque bulbi. Si
è potuto constatare infatti che è essenziale, per assicurare la peculiare
qualità dello zafferano "TRAMONTI DI CAMPIGLIA", che anche i bulbi siano
"nati" nella zona e non acquistati. Nei mesi di Ottobre e Novembre chi
visita CAMPIGLIA, oltre ai caratteristici aromi che provengono dalle cantine
dove matura il vino "RINFORZATO" (Sciacchetrà), può avvertire
distintamente il profumo dello zafferano in fiore ed ammirare distese di
fiori violacei con i caratteristici tre pistilli color rosso bruno. Nei
prossimi anni l'Associazione prevede di poter iniziare a sviluppare anche la
coltura dei fichi d'India con produzione finale di marmellate e conserve,
questa attività è già iniziata in questi anni a livello sperimentale.
L'Associazione crede fermamente che il territorio di CAMPIGLIA, come finora
è stato, sia salvaguardato solo dalla presenza di chi, anche saltuariamente,
continuerà a coltivare, con un sia pur minimo ritorno economico piane e
terrazzamenti e che solo il recupero anche parziale delle zone incolte ed
abbandonate manterrà intatte le caratteristiche bellezze del paesaggio che è
rimasto unico nel raggio di molti km, "salvato" proprio dal disinteresse
della speculazione edilizia, e, quanto meno nel passato, di molti
amministratori.
LO ZAFFERANO
(A cura del Prof. Mauro Mariotti)
Lo
zafferano (Crocus sativus L.) e le sue proprietà
Attualmente le zone di maggiore
coltivazione dello zafferano sono la Spagna, la Turchia e l’India; in Italia
è coltivato soprattutto in località dell’Abruzzo e della Sardegna con
cultivar di grande pregio. E’ coltivato nel mediterraneo fin da tempi
antichissimi, ma la sua origine va ricercata probabilmente tra l’Asia minore
e la Grecia. Numerose ricerche biosistematiche hanno confermato la sua
stretta parentela con una specie selvatica, Crocus cartwrightianus.
Lo zafferano non va confuso con il colchico (Colchicum autumnale),
una liliacea, solo in apparenza molto simile, ma estremamente tossica. Lo
zafferano coltivato (Crocus sativus) è una pianta triploide che
necessita di moltiplicazione vegetativa, per separazione dei bulbi. Nel
genere Crocus vi possono essere alcune altre specie con proprietà
coloranti, ma quasi sempre con minori capacità aromatizzanti; fra queste si
può citare Crocus ligusticus Mariotti, che è presente in una fascia
collinare-montana da Mentone sino alle Cinque Terre. Alcune annotazioni
manoscritte da parte di Ottone Penzig, su una copia del Repertorium Florae
Ligusticae conservata presso l’Università di Genova riportano di un uso
popolare degli stigmi di questa specie come succedanei del vero zafferano.
Sotto il profilo economico, lo zafferano (C. sativus) può essere
considerata una delle spezie di maggiore valore: in media circa 200.000
stigmi secchi, ricavati da circa 70.000 fiori, forniscono 1 libbra (0,45 Kg)
di zafferano puro in polvere. Ciò induce spesso a frodi e adulterazioni,
note fin dalla antichità. Le frodi più frequenti sono:
•
aggiunta di femminelle
(filamenti gialli presenti nel fiore dello stesso zafferano, ma privi di
proprietà organolettiche) o parti di altre piante, come Curcuma (Curcuma
longa, zingiberacea, provvista del pigmento curcumina, ingrediente base
del curry) o lo zafferano bastardo (Carthamus tinctorius, una
composita selvatica) o, ancora, fibre e peli di canna o canapa colorata o
filamenti di gelatina;
•
aggiunta di stigmi
vecchi e bianchi colorati artificialmente;
•
aggiunta di sostanze
organiche e non per aumentarne il peso (acqua, oli e grassi, sciroppo di
zucchero, polveri minerali, argilla, ecc.).
La polvere di zafferano di qualità
deve avere un colore uniforme rosso vivo brillante e non deve essere umida,
altrimenti si favorisce lo sviluppo di muffe. Da tempo lo zafferano è
impiegato come colorante – rossastro – giallo - veramente apprezzabile
(grazie alla presenza di un pigmento, la crocina) e come aroma (grazie agli
oli essenziali), per cibi diversi, formaggi, burro, dolceria, ecc. Il
principale responsabile della colorazione è la crocetina (acido 8-8’
diapocarotendioico), cioè una delle numerose molecole della categoria dei
carotenoidi, verso i quali vi è un elevato interesse per le loro proprietà
antiossidanti. La droga, cioè l’estremità dello stilo con gli stigmi, è
riconosciuta utile come eupeptico, emmenagogo, stimolante nervoso.
L’infusione di 200 mg di stimmi in 1 litro di acqua è utilizzabile come
emmenagogo ed antispasmodico. Lo zafferano è ritenuto anche aver proprietà
stomachiche ed utile nei casi di ingrossamento epatico. In commercio
esistono confezioni di essenza di zafferano consigliate (costo da 16 a 30 $)
dai metodi spagirici per regolare l’acido lattico (negli affaticamenti
muscolari) e quelli urici (nei casi di gotta) o come anti-infiammatorio.
Nella medicina ayurvedica lo zafferano è considerato spirito puro di ergia e
l’olio essenziale di Kumkuma (appellativo sanscrito dello zafferano) è
impiegato anche come afrodisiaco in quanto blando stimolante del sistema
nervoso centrale. Ricerche abbastanza recenti hanno messo in luce nello
Zafferano e in altri ingredienti vegetali (alimenti e aromatizzanti quali
avena, spinaci, pomodoro, fagioli, cavoli, Nigella damascena, ecc.)
della dieta mediterranea una significativa azione estrogenica. I materiali
sono stati sottoposti a estrazione con solventi (esano e altri) e gli
estratti sono stati valutati per la loro attività estrogenica utilizzando
diversi tipi di saggi di attivazione dei recettori degli estrogeni:
utilizzando cellule modificate di lievito (Saccharomyces cerevisiae
Meyen) o di tumore mammario umano o ancora di neuroblastoma. La risposta è
stata positiva: lo zafferano ha attività estrogenica anche se ciò non
significa che questa attività dipenda da composti con struttura chimica
simile a quella degli estrogeni (isoflavoni, lignani e cumestani).
L’attività estrogenica è infatti rilevabile anche in composti come i
resveratroli, alcuni lattoni o semplici composti fenolici. E’ pur vero che
l’apporto quantitativo dello zafferano nella dieta è limitato tuttavia,
sarebbe interessante approfondire le potenzialità di questa specie
nell’ambito non solo culinario, ma anche farmacologico tenendo presente
l’importanza di una regolazione dell’attività estrogenica in disturbi
diversi quali, ad esempio le affezioni della prostata . In Italia la fama
dello zafferano in cucina è legata abbastanza al risotto alla milanese. Si
tramanda che questo famoso piatto sia nato dallo scherzo di un garzone a un
mastro vetraio che era solito abbondare nell’uso della polvere di zafferano
per colorare i vetri delle finestre del duomo di Milano; chissà se nei
prossimi anni non nasca qualcosa di più avveniristico, come le pillole o le
gocce di zafferano prescritte dal medico. Avveniristico si fa per
dire, perché già circa 4000 anni fa a Thera si praticava una terapia con
stigmi di Crocus cartwrightianus; questa specie, cioè l’antenato del
ns. zafferano, è infatti la protagonsita degli affreschi murali nel palazzo
di Xeste 3 ad Akrotiri dove si illustrano le fasi di raccolta e novanta
indicazioni mediche.
Ferrence S.C., 2004 -
Therapy with Saffron and the Goddess at Thera - Perspectives in Biology and
Medicine - 47 (2): 199-226
Ecco come lo scrittore Maurizio Maggiani inizia il suo suo libro “La Regina
Disadorna”, vincitore del Premio Stresa per la narrativa nel 1999:
Oltre
la Persia dei Re, sui primi contrafforti calcarei delle montagne dell'Oxiana,
cresce un piccolo bulbo, il croco sativo.
Per
tutta la ventosa primavera e per la secca estate non fa che vivacchiare,
vegetando lentamente cinque lunghe e sottilissime foglie colorate di un
verde azzurrino striato d'argento. Poi, con le prime piogge d'autunno, apre
il suo fiore, a volte turchino, a volte violetto. E' un fiore di cinque
petali che si uniscono in un delicato calice; nel calice quattro lunghi
stami, sottili come pagliuzze, maturano dal giallo acceso all'arancio.
A
questo punto, prima che i venti freddi che rotolano selvaggi giù dalle vette
dell'Hindukush inizino a spianare le erbe dei prati, le ragazze dei villaggi
di pastori sparsi sull'altopiano intraprendono la raccolta dello zafferano,
Zahfran, la chioma degli angeli. E' un lavoro di grande pazienza e virtù,
che le giovani donne compiono con grazia e maestria staccando con le unghie
gli stami uno a uno. Come impone la legge, nessuna di loro è più vecchia di
tredici anni, nessuna ha mai toccato un uomo. Alla fine del raccolto, dalle
terre di un'intera tribù si ricavano non più di due once di prodotto
essiccato, ben custodito in sacchetti di tela di lino appesi ai soffitti
delle capanne.
Prima
della neve i mercanti fanno il giro delle colline portando sale, pesce
secco, fucili e cartucce, da scambiare con i bianchi involti di lino. Negli
anni di buon raccolto giungono all'ammasso di Esfahan persino due quintali
di spezia, caracollata a dorso di cammello dentro piccole casse di piombo.
Lì viene incantata all'asta e smistata negli empori di Samarkand, Cairo e
Istanbul, da dove verrà smerciata in tutto il mondo.
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