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10-06-12

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Monte Muzzerone
Tour sul Golfo

 

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PORTOVENERE - LEVANTO

Sentiero n. 1 del CAI di La Spezia - 40 Km - ore 12
dislivello in salita: 1200 metri


di Riccardo e Cristina Carnovalini

Campiglia è un punto di passaggio obbligato per chi, da Portovenere voglia percorrere questo meraviglioso osservatorio panoramico sulle Cinque Terre. Ogni anno transitano nei due sensi, dal paese, una media di 20 mila appassionati camminatori che vanno alla scoperta del territorio. Qui di seguito troverete la preziosa guida di due personaggi esperti, che vi condurrano attraverso il tragitto: Riccardo e Cristina Carnovalini.
Chi non se la sente di compiere questa lunghissima traversata in un solo giorno può portarsi la tenda, o, in estate, dormire sotto le stelle nel sacco a pelo. Lungo il percorso non esistono, infatti, nè locande nè alberghi e scendere fino ai paesi rivieraschi per pernottare è sconsigliabile: il giorno dopo si dovrebbe recuperare un forte dislivello. Il sentiero n. 1 del CAI di La Spezia, ben segnato con vernice rossa e bianca, inizia nella piazza centrale di Portovenere, capolinea dell'autobus "P". E' un'alta via delle Cinque Terre che percorre quasi integralmente lo spartiacque tra il mare e l'interno e offre panorami esaltanti. Superata l'erta salita che fiancheggia il castello di Portovenere, la vista si apre sul mare aperto, Portovenere, l'isola Palmaria e il golfo di La Spezia sovrastato dal profilo seghettato delle Alpi Apuane e dall'Appennino tosco-emiliano. Nelle giornate più limpide si vedono ben distinte le sagome scure della Corsica, della Capraia e della Gorgona, che sembrano saldarsi all'orizzonte. Procedendo sul crinale, a sinistra si succedono le pareti rocciose che strapiombano in mare, mentre si sfiorano i forti Muzzerone e Castellana. Il sentiero in alcuni tratti è intagliato nella roccia, in altri attraversa una fitta zona boschiva che immette nel borgo medioevale di Campiglia, 400 metri, a picco sul mare, unico centro abitato che si incontra in questo itinerario, prima di proseguire converrà fare rifornimento di generi alimentari nel negozio sulla piazza della chiesa. Dopo Campiglia il sentiero sale parallelo alla costa per raggiungere la località il Telegrafo, a 516 metri, dove si trovano due ristoranti. Importante qui è approvigionarsi d'acqua, perché non la si troverà più fino alla Madonna di Soviore sopra Monterosso. Al telegrafo arriva anche una strada da La Spezia, che si domina dall'alto, ed una sterrata che scende sul versante marino immettendosi nella Via dei Santuari, un bel tracciato panoramico di mezza costa. Dal bivio Bramapane, poco lontano dal Telegrafo, il crinale si distende in direzione nord-ovest con scorci entusiasmanti. In basso si scorge il primo paese costiero, Riomaggiore, annidato in fondo ad una valle terrazzata da una grande quantità di muri a secco per la coltivazione delle viti, quasi a sembrare dall'alto una immensa scalinata. E' suggestivo notare come questo paesaggio realizzato dall'uomo si fonda e si alterni felicemente con i tratti scoscesi e incolti della dorsale, dove regna la macchia mediterranea, con gli scoscesi colori delle eriche, delle ginestre e dei corbezzoli e con i boschi di pini, marittimi e domestici, di castagni e di lecci. Il nostro percorso di spartiacque da qui in poi delimita in tutta la sua lunghezza in comprensorio delle Cinque Terre a monte di Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso. E' un segmento quasi pianeggiante, compreso fra i 600 e gli 800 metri sul livello del mare, che si interseca con le numerose mulattiere colleganti i centri rivieraschi con quelli dell'entroterra. Il crinale si allontana dalla costa solo alle spalle di Vernazza, descrivendo un'ampia "C" che perde quota alla Foce Drignana. Questa zona fra il monte Marvede (689 m) e Termine, è caratterizzata dalla copiosa presenza di ginestrone spinoso  (Ulex europeus), una pianta che puo' arrivare sino a a quattro metri di altezza e che in primavera propone una fioritura gialla profumatissima. E' molto pungente, però, per cui e' consigliabile indossare robusti pantaloni visto che il sentiero abbonda di questa incomoda, seppur bella, presenza. A Termine ci si congiunge alla strada provinciale che sale da Pignone e la si segue fino al Colle della Gritta a parte una breve deviazione per il Santuario di Soviore, dove si trovano acqua e ristoro. Dopo il bar-trattoria della Colla, si riprende sulla sinistra il sentiero che si sviluppa tra i pini lungo la selvaggia dorsale Monte Rossini-Punta Mesco. Sotto al Monte Vè o Focone, dopo un quadrivio, la mulattiera gira in piano a sinistra, evitando la vetta e segue l'andamento verso Punta Mesco, uno degli angoli più selvaggi dell'itinerario. In vista del semaforo di Sant'Antonio si inverte il cammino, piegando a destra di quasi 180 gradi in direzione di Levanto e trascurando il sentiero del CAI n. 10 che scende a Monterosso. Nel versante a mare del monte Vè si fiancheggiano prima un fitto bosco e poi case e uliveti, fino a collegarsi alla strada asfaltata che si abbandonerà poco dopo, per riprenderla un chilometro più avanti e staccarsene definitivamente scendendo una scalinata che affianca il castello e sbocca nella passeggiata a mare.

 

 

PORTOVENERE  -  CAMPIGLIA

A cura del Prof. Mauro Mariotti


Nº segnavia: 1 - 1 a - 1
Quote: Partenza 2 metri , Arrivo : 400 metri
Dislivelli totali: 478 m (439 salita, 39 discesa)
Lunghezza percorso: 5  Km. circa
Difficoltà : Lieve
Tempo di percorrenza: 2 ore e 15 minuti

Caratteristiche: L'itinerario, seppure un po' faticoso per la ripidità iniziale, è nel complesso agevole; offre scorci panoramici tra i più belli di tutta la Riviera e l'opportunità di osservazioni naturalistiche interessanti. E' possibile proseguire lungo tutto l'asse orografico delle Cinque Terre oppure allacciarsi con altri sentieri che scendono al mare o a La Spezia. Dalla piazza principale di Portovenere, capolinea dei servizi di trasporto pubblico (Linea P), proprio sui fianco destro della porta del borgo medievale, inizia a salire ripidamente il sentiero per alti ed irregolari scalini intagliati nella roccia. Occorre fare attenzione perché sovente le pietre sono umide e piante di Acanto (Acanthus mollis) e di Erba vetriola (Parietaria diffusa) possono nascondere l'insidia di qualche buco. Dalla porta, ove è possibile leggere ancora l'iscrizione originale "Colonia Januensis, 1113", si costeggiano quindi le mura del Castello; il sentiero si fa poi più dolce inoltrandosi in una formazione di arbusti mediterranei che hanno colonizzato anche fasce di uliveto ormai abbandonate. Sulla sinistra si possono vedere la chiesetta di S. Pietro sulla punta protesa sui mare e l'Isola Palmaria, sulla destra il mare interno del Golfo di La Spezia.
Interessanti in questo punto sono i grandi cuscini di Euforbia arborea (Euphorbia dendroides) e quelli più rari di Olivastro (Olea europaea var. sylvestris) che sul pendio occidentale appaiono come pettinati dal vento. Queste specie ci indicano caratteristiche climatiche più calde ed aride che si discostano da quelle proprie del resto della Riviera di Levante. L'Euforbia, che fra l'altro presenta il noto fenomeno dell'estivazione, ha invaso abbastanza rapidamente i coltivi abbandonati dimostrando una elevata capacità di colonizzazione sui substrati calcarei piu o meno compatti. Nella macchia spiccano per forme e colori i ciuffi dell' Ampelodesma (Ampelodesmos mauritanica), i bianchi fiori del Cisto di Montpellier (Cistus monspeliensis), il giallo della profumatissima Ginestra (Spartium junceum), i Caprifogli (Lonicera implexa e L. etrusca) che avviluppano verdi cespugli di Lentisco (Pistacia lentiscus).
Il sentiero sale di nuovo ripido fra i blocchi di portoro ed i resti dei macchinari di una cava; infatti sulla sinistra una deviazione di pochi metri ci porta alla Mandrachia o Cava Canese. C'e qui una "terrazza" splendidamente panoramica: bei Pini d'Aleppo si stagliano sullo sfondo del mare e le rocce scendono con strapiombi di oltre 100 metri quasi verticali sugli scogli dove si frangono le onde. Sulle rocce intorno crescono qua e là vividi cespi di Fiordaliso di Portovenere (Centaurea veneris) un endemismo esclusivo di questo promontorio e delle isole antistanti. Qui è stata rinvenuta anche la Vedovina delle Apuane (Globularia incanescens) una specie graziosa ed antica, endemica di un'area ristretta delle Alpi Apuane e dell'Appennino tosco-emiliano.
Su alcune rupi e pareti presso una "galleria" a fondo cieco vi sono i chiodi di alcuni impegnativi passaggi della "palestra di roccia". Occorre raccomandare la massima prudenza perché sui cigli dei precipizi non esistono protezioni ed e meglio tener per mano eventuali bambini.
Subito dopo e possibile proseguire svoltando a destra per il sentiero normale (Nº 1) o salire, un po' più ripidamente, per la variante (Nº1 a)  che passa in prossimità del Forte Muzzerone. Chi avrà optato per la variante potrà osservare splendide fioriture di Iberide (Iberis umbellata), dai petali curiosamente ineguali, Campanula media (Campanula medium), Spadacciola (Gladiolus communis) ed orchidee di diverse specie {Anacamptis pyramidalis, Ophrys sp.pl., ecc.). Alzando un poco gli occhi si godrà di scorci indimenticabili: sull'aspra costa a picco sul mare, con vertiginosi strapiombi, persino di 350 m, si protendono qua e là piccoli lecci e vetusti, seppur minuscoli, Pini d'Aleppo (Pinus halepensis).
Questi hanno l'aspetto di veri e propri "bonsai" naturali. In questa zona, con un po' di fortuna, potrà capitare di vedere qualche timida Pernice rossa (Alectoris rufa), mentre si butta a precipizio verso le onde, oppure Corvi imperiali, Passeri solitari e persino il Falco pellegrino. Sulle pareti, sotto al Forte, c'e una palestra di roccia molto suggestiva per la sua posizione rivolta al mare. Dall'ottocentesco forte ci si ricollega, in discesa, al percorso principale, presso la Sella Derbi.  Lungo la discesa, in prossimità di una curva si incontra sulla sinistra una stradina sterrata che porta da un'altra cava e, di nuovo, ad un'altra splendida terrazza panoramica. Anche qui vi è un vasto campionario di piante rupicole, tra le quali spicca il Fiordaliso di Portovenere (Centaurea veneris). Sulle pareti vi sono altri "attacchi" della "Palestra di roccia" ed in alto, attraverso una suggestiva "finestra" è possibile osservare una cava in attività. Anche qui la visita alla terrazza ed eventualmente alla cava richiede estrema prudenza.
Scegliendo invece il sentiero principale, dalla Cava Canese, svoltato a destra, si deve proseguire quasi in piano sui pendii rivolti verso il Golfo di La Spezia fino ad innestarsi su una curva della strada asfaltata che sale al Muzzerone e si deve scendere per questa in un boschetto di pini marittimi, roverelIe e carpini fino alla Sella Derbi.
Sia dal sentiero principale, sia dalla variante si possono osservare bene l'isola Palmaria e i terrazzamenti marini sulla parte interna del Golfo, primo fra tutti quello della Punta del Varignano.
Da Sella Derbi, in prossimità di un cippo che commemora gli aviatori caduti durante un volo di esercitazione nel 1937, si riprende a salire per un sentiero che lambisce dapprima la curva di una strada militare per il M. Castellana e poi si immerge in una estesa macchia bassa.
Questa si presenta in vari aspetti a seconda che predominino i Cisti {Cistus salvifolius e Cistus monspeliensis) l'Erica (Erica arborea) o il Leccio. Quest'ultima essenza, in alcuni punti, è presente in consorzi più o meno puri che rappresentano stadi finali di una evoluzione recente. La diversità del paesaggio vegetale è dovuta comunque non solo alla varietà morfologica del territorio, ma anche al periodico verificarsi degli incendi.
II sentiero prosegue, sovente con forti pendenze, sui versanti a mare del M. Castellana (512 m) ed in alcuni punti appare intagliato nelle rocce alla base delle quali crescono minuscoli suffrutici di Fumana dai delicatissimi fiori gialli (Fumana ericoides, F. thymifolia, ecc.). Si incontra una piccola sporgenza a guisa di terrazzo dalla quale si gode una suggestiva visione panoramica sulla costa del promontorio verso Portovenere e la Palmaria. Da  qui si diparte in leggera discesa un sentierino, ormai nascosto nella macchia e difficile da percorrere, che porta ad un edificio, di proprietà Bertonati, a foggia di castello con torre.
Il tratto che stiamo percorrendo attraversa una zona geologicamente molto interessante, di contatto tra formazioni differenti che fanno da tramite fra la "lama calcarea di La Spezia" e le arenarie del "Macigno". In un brevissimo spazio si succedono verso ponente i calcari selciferi del Lias medio e superiore (180-175 M.A.), le Marne a Posidonomya del Dogger (175-160 M.A.) , i Diaspri del Malm (160-135 M.A.), la Maiolica del Cretaceo inferiore (135-100 M.A.) e gli scisti policromi che testimoniano un periodo più lungo, dal Cenomaniano all'Oligocene (100-26 M.A.). Tale successione ha un evidente effetto sui paesaggio che, per la presenza di scogliere e rocce denudate acquista una particolare e suggestiva policromia: il grigio giallastro, il rosso vinato, il grigio cupo, il verde-grigio, il bianco-rosato, ecc., si accostano e si intercalano anche per gli effetti dei movimenti tettonici che talora hanno piegato, strizzato e laminato gli strati subverticali di questa "zona cerniera".
L'itinerario continua passando alto sulla Valle di Albana, dove una bella ed estesa lecceta è stata danneggiata da un violento incendio (appiccato in una notte invernale del 1987); in basso il Castelletto di cui si e accennato prima. Il sentiero sbocca su un tornante della strada asfaltata che da La Spezia sale a Campiglia; si segue questa per pochi metri poiché il sentiero riprende sulla sinistra attraversando una bella pineta di pini marittimi nella quale il sottobosco è dominato dal leccio e dagli arbusti della macchia. Qua e là sono presenti anche ciuffi di Erica herbacea dalla graziosa fioritura rosata: tale specie in questa zona è presente solo sui versanti più freschi ed umidi rivolti verso il golfo e manca completamente su quelli esposti verso il mare aperto.
Si tocca nuovamente la strada asfaltata laddove, poco dopo, sulla sinistra si distacca il difficile sentiero 11° diretto verso il mare in fondo alla Valle di Albana. Oltrepassate alcune case, sempre sulla sinistra, chiusa da un cancello, c'e anche la strada privata che porta alla Casa Boccardi. Si attraversa un campetto di calcio e nuovamente una pineta dove spicca la caratteristica torre circolare in pietra di un vecchio mulino a vento, forse costruito nel 1840  (come ricorda la data incisa sull' architrave) ed utilizzato nel passato per la macinatura delle castagne. Prima del mulino, nella pineta, a quota 400 circa, vi è un sentierino che sulla sinistra porta su un costone meritevole di una breve deviazione. Ci si trova infatti in un'ottima posizione panoramica (Detta Telemetro): da levante a ponente si distinguono l'isolotto del Tinetto, le isole del Tino e della Palmaria, il M. Castellana e la magnifica costa sottostante, la Valle di Albana, Schiara con le sue cantinette e l'aguzzo scoglio Ferale.
Ritornati sui sentiero principale, si costeggia la chiesa di S. Caterina, edificio a navata unica, presbiterio con volta a crociera e campanile separato a pianta quadrata, giungendo infine alla piazzetta allungata di Campiglia.
Qui si incrociano diversi sentieri che ricalcano percorsi antichi: la prosecuzione del Nº 1 che, lungo il crinale, ci porta al Colle del Telegrafo; il Nº 11 che mette in comunicazione le terre interne del golfo con quelle sul mare aperto, tagliando perpendicolarmente il promontorio occidentale tra le località di Marola e Persico ; il Nº 4b, che attraversa a mezzacosta tutta la zona di Tramonti da Fossola a Campiglia ; il Nº 4a che collega Campiglia a Biassa.
A Campiglia è possibile sostare riposando su delle panchine all'ombra e ristorarsi ad una fontana che si trova poco dopo la piazza.

 

CAMPIGLIA - COLLE DEL TELEGRAFO - RIOMAGGIORE

 


Nº segnavia: 1 - 3

Quote: partenza: 400 m,  Arrivo 8 m,   massima: 513 m.

Dislivelli totali: 613 m (113 salita, 510 discesa)

Lunghezza percorso: 8,3 km Difficoltà: lieve

Tempo di percorrenza: 2 ore e 15 minuti

Caratteristiche:  l'itinerario si può dividere in due parti non solo sotto il profilo escursionistico (salita e discesa), ma anche sotto quello ambientale; infatti mentre la prima parte si svolge in un paesaggio prettamente naturale, la seconda avviene attraraverso un territorio ampiamente coltivato e straordinariamente improntato dall'uomo fin da epoche remote.
Il borgo medievale di Campiglia è raggiungibile da La Spezia, attraverso una carrozzabile, con l'autobus Nº 20 oppure a piedi dalla località Acquasanta seguendo il sentiero Nº 11 o ancora da Portovenere tramite il sentiero Nº 1.
Il nostro itinerario si snoda inizialmente proprio lungo la prosecuzione di quest' ultimo, che si imbocca salendo per una scalinata sulla sinistra della fontana (che si trova poco distante dalla piazzetta principale). Si percorre il crinale dal quale si gode una vista stupenda su tutto il Golfo; voltandosi, si vedono, poco sotto, i tetti di Campiglia e, più oltre, l'isola del Tino immersa nel mare aperto; sulla sinistra, in lontananza, le Alpi Apuane.
Attraverso un mosaico di fasce coltivate ed abbandonate si giunge ad una casa, Casa della Valletta, circondata dai pini; si rasenta la recinzione della proprietà e poco dopo si incontra un bivio. Occorre prendere a destra entrando in una pineta diradata che riporta i segni di incendi ricorrenti: nel sottobosco domina la felce aquilina che grazie ai propri rizomi profondi riesce a sopportare meglio di altre piante il passaggio del fuoco. Attraverso alcuni squarci tra i pini si osservano ancora, lontane, alcune delle cime più alte delle Alpi Apuane: il Sagro, il Pisanino e il Pizzo d'Uccello. Ivi le cave di marmo biancheggiano come nevi perenni. Si incontrano alcuni grossi massi di arenaria e si prosegue per breve tratto quasi in piano sino a raggiungere un tornante della strada carrabile forestale che sale da Campiglia al Telegrafo (Strada dei Tedeschi).
Si sale ancora sino al crinale della Rocca degli Storti sempre in mezzo ad una pineta ora più densa ed ora più rada; si percorre il crinale stesso, tenendosi leggermente sul lato a ponente e si incontra nuovamente la strada carrabile.
Questa passa per un tratto sulle pendici rivolte verso il golfo prima di tornare su quelle che prospettano il mare aperto. Ciò dà modo di osservare un deciso contrasto di vegetazione: la netta prevalenza di castagni e di altre latifoglie decidue (Roverella, Orniello, Carpino nero) sul versante interno più fresco ed umido, Pini marittimi, Lecci ed altri elementi termofili della macchia sul versante esterno e relativamente più arido. Tale situazione è stata in parte determinata dall'uomo con la diffusione del Pino marittimo e del Castagno, ma corrisponde in modo abbastanza preciso a differenti condizioni nei microclimi e terreni. Ciò è  deducibile da altri caratteri della flora e della vegetazione: per esempio sulle pendici rivolte a ponente è possibile incontrare qualche piccolo esemplare di sughera che si è un poco distanziato dai nuclei principali sottostanti raggiungendo la quota di 570 m, una delle più elevate in Liguria per questa interessante specie mediterranea a gravitazione occidentale.
II tratto restante sino al Telegrafo attraversa un'area molto frequentata soprattutto nei giorni festivi: essa infatti è facilmente raggiungibile con autovetture dalla città di La Spezia ed offre la possibilità di allenarsi nel verde di una maestosa pineta lungo un percorso ginnico con 15 punti di sosta per l'esecuzione di esercizi a corpo libero e con attrezzi - già in loco ; inoltre si trovano aree attrezzate con tavoli e panche per il riposo ed eventuali pic-nic, due ristoranti ed uno spiazzo per il ballo. Il luogo è inoltre un continuo incrociarsi di sentieri.
Alcuni di questi sono abbastanza pianeggianti ed adatti a persone che non prediligono eccessivi sforzi fisici o non possono compierli; altri (Nº 4 e 4c), più impegnativi, scendono ripidamente da un lato verso il mare a Schiara, Monesteroli e Fossola e dall'altro verso Biassa. Il posto è comunque delizioso nelle mattine dei giorni feriali e nei periodi di minore afflusso turistico: la "Palestra nel Verde" - un circuito di 2,5 km con 150 m di dislivelli - costruita dal Comune di La Spezia su iniziativa del locale Panathlon Club nel 1982 è una ottima occasione per ritemprare le forze del corpo, non con il solito "jogging" lungo strade piene di polvere e sature di inquinanti, ma in un ambiente naturale dove l'aria profuma di resina.
Il nostro itinerario segue in leggera discesa la strada forestale sino alla Cappella di S. Antonio, recentemente restaurata; questa e una chiesetta in pietra con un campanile a vela in miniatura. La sera della vigilia del 13 giugno, la popolazione sale qui da Biassa per festeggiare con fuochi e canti il  santo patrono e in quella ricorrenza diverse famiglie si trasferiscono nelle proprie "cantine" di Schiara.
Alle spalle della Cappella vi è l'area attrezzata con tavoli e panche e la parte absidale della cappella stessa è un piccolo rifugio utile in caso di maltempo; inoltre si incontrano proprio qui i sentieri che collegano Biassa ai paesi di Tramonti.
Le pendici che da S. Antonio degradano verso il mare sono tra le più interessanti per osservare alcuni aspetti della vegetazione mediterranea e le loro tendenze evolutive. E' notevole rilevare come sotto i maestosi pini marittimi non crescano quasi giovani esemplari di questa specie, ma dominino il Leccio ed arbusti della macchia come l'Erica e il Corbezzolo. Essi costituiscono quasi una seconda foresta sottomessa al bosco di conifere, ma si intuisce che se si lasciasse fare alla natura, la foresta di latifoglie avrebbe prima o poi il sopravvento.
Questo dato ci testimonia quale sia la vegetazione potenziale delle Cinque Terre: una immensa foresta di lecci. La realtà è differente perché l'uomo ha provveduto alla diffusione del pino.
Trovandoci sul crinale si può vedere come vi siano condizioni di transizione fra microclimi molto differenti e come ciò favorisca l'accostamento di specie tipiche di ambienti caldi con quelle di ambienti freschi. Vediamo perciò, come esempio, vicine tra loro due rubiacee molto affini sistematicamente, ma con esigenze ecologiche distanti: il Caglio ellittico (Galium scabrum) - che predilige sugherete e leccete del Mediterraneo occidentale e della Macaronesia - e il Caglio a foglie tonde (Galium rotundifolium) tipico delle faggete e di altri boschi di caducifoglie delle montagne euroasiatiche -.
Dopo la Cappella di S. Antonio vi e una lievissima salita e il sentiero Nº 1 si distacca dalla strada per seguire, poco discosto da questa, il crinale, con tratti coperti da pini e castagni e tratti immersi in una macchia degradata che in primavera è tutta un fiorire di Ginestra e Ginestra dei Carbonai.
Si arriva con lieve discesa al Colle del Telegrafo dove si incontra nuovamente la strada forestale;
sulla sinistra vi sono due ristoranti e un parcheggio. II colle del Telegrafo rappresenta un importante crocevia. Qui si incontrano: la strada asfaltata che da La Spezia sale al M. Verrugoli e al M. Parodi passando da Biassa e torna in città attraverso la Madonna della Guardia o attraverso La Foce; l'inizio della "Strada dei Santuari" che percorre a meta costa tutte le Cinque Terre; il sentiero Nº 3 che scende a Riomaggiore.
E' proprio quest'ultimo che dobbiamo imboccare subito dopo una trattoria e prima della "Strada dei Santuari". Il sentiero scende dolcemente in mezzo ad una folta macchia di Eriche, Corbezzoli e Ginestre, sovrastata qua e là da Pini marittimi.
Dopo circa 500 m, in prossimità di una piccolo croce lignea, il sentiero si biforca; occorre scendere a sinistra tralasciando l'invitante prosecuzione in piano perché dopo pochi metri diventa intransitabile. Poco dopo, sulla sinistra si trova una piccola grotta artificiale scavata dai tedeschi nell'ultima guerra; tale cavità può costituire un utile ricovero in caso di maltempo. Il paesaggio comincia a cambiare: entriamo in una estesa zona dove fasce coltivate a vite s'alternano a fasce ormai abbandonate come in un complesso mosaico. Il panorama è stupendo: poco sotto si notano le graziose case di Lemmen, sulla costa successiva - più in basso - il Santuario di Montenero e, molto più lontano, si protende sul mare Punta Mesco.
Giungiamo su un sentiero pianeggiante e svoltiamo a destra; attraversiamo il piccolo nucleo abitato di Lemmen. Questo, come altri situati all'incirca alla stessa quota, hanno un'origine molto più antica del borgo marittimo di Riomaggiore; secondo alcuni il toponimo Lemmen risalirebbe addirittura alla civiltà greca arcaica. E' comunque storicamente documentato che gia nel 1200 esisteva una direttrice viaria di mezza costa che collegava gli abitati di Lemmen, Cericò, Casarino e Montenero; gli uomini di questi centri furono chiamati a giurare fedeltà alla Repubblica Genovese nel 1251 durante le guerre con Pisa. E' probabile che proprio dagli abitanti di questi piccoli borghi venisse fondata Riomaggiore. Attraversiamo dunque il gruppo di case in pietra di Lemmen con un riverente rispetto; sono da notare una graziosa cappella ed una vasca, con funzioni di abbeveratoio, scavata a mano nella roccia. Questa contrasta con la stazione di una moderna teleferica presso la quale si distacca una diramazione che scende sulla strada litoranea asfaltata. Dobbiamo invece continuare in piano, attraversare il fosso della Valle di Serra e proseguire in mezzo ai vigneti e alle fasce in parte abbandonate; da qui si può osservare in modo estremamente chiaro l'imponente e secolare opera modellatrice dell'uomo espresso dagli incommensurabili muri a secco. Le viti crescono basse e ricevono il colore della terra che qui si trova in una delle migliori esposizioni di tutto il territorio. Si arriva presto in località Casarino; si scendono alcuni gradini e si svolta bruscamente a sinistra. Dopo aver costeggiato un muro, si percorre in discesa il crinale della Costa di Montenero; questo tratto, in comune col sentiero Nº 3 che da Riomaggiore sale alla "Strada dei Santuari", è uno dei più panoramici delle Cinque Terre: si vedono a levante la costa di Tramonti e l'Isola del Tino, mentre a Ponente tutte le Cinque Terre e il Promontorio del Mesco. Il sentiero scende tra vigneti abbandonati ed ormai riconquistati dagli arbusti ricostruttori della macchia: dominano l'Erica, il Corbezzolo, il Mirto, il Terebinto e la Ginestra. Qua e là si è diffuso l'invadente Ailanto, una specie dell'estremo oriente, introdotta incautamente per l'allevamento poi fallito della grande farfalla Phylosamia cynthia ai fini di una sericoltura alternativa al tradizionale Baco do seta (Bombyx mori).
Alcuni gradini ci portano ad un ampio prato e siamo al Santuario di Montenero. Qui si può sostare su delle panchine all'ombra ed osservare ancora il panorama: a levante si scorge ora anche la Palmaria. In coso di pioggia un portico può offrire riparo a diverse persone. Il santuario è rappresentato da un complesso di edifici tra i quali spicca la chiesa di S. Maria di Montenero. Pur avendo un'origine molto antica, la chiesa non presenta più alcun segno delle strutture medievali; essa ha lineamenti barocchi e deve la sua forma con tre navate, portico antistante e campanile  quadrato con cupola ad un rifacimento del XIX secolo.
Sul sagrato il Nº 3 si separa continuando a scendere direttamente lungo il crinale, mentre il nostro itinerario continua sulla destra per una mulattiera che aggira in lieve discesa il santuario e si inoltra nella Valle di Riomaggiore.
Tra la macchia di eriche e ginestre, sui muri a secco crescono abbondanti le felci. Proprio in questa zona, alle spalle di Riomaggiore, si possono trovare alcune Pteridofite molto interessanti e rare: la Felce tirrenica (Dryopteris tyrrhena), l' Asplenio lanceolato (Asplenium billotii), la Felcetta di Madera (Cheilanthes maderensis).
La mulattiera continua a scendere tra pini, castagni e coltivi per lo più abbandonati; si attraversano alcuni piccoli rivi e si giunge ad un torrente più ampio che proviene dal M. Verrugoli, visibile in alto con la sua selva di antenne. Si piega decisamente a sinistra e si segue il torrente, lungo il quale crescono, qua e là, alberi di Ontano, una specie decisamente legata all'acqua. Dopo poco, sulla destra, un ponticello mena all'ingresso di un podere chiuso da un cancelletto incastonato in un tratto di muro rosa con tre graziose nicchie. Sino ad alcuni decenni fa tali tipi di ingresso ai poderi erano abbastanza frequenti nell'area compresa fra Riomaggiore e Bonassola; ora ne restano pochi.
Più oltre un altro ponticello ad arco in pietra scavalca il torrente. Si scende una scala in cemento e si attraversa la strada statale litoranea. Si continua a scendere lungo la "Valle dei Mulini" per una mulattiera splendidamente lastricata, immersi sempre nel verde di una vegetazione che mescola sapientemente piante mediterranee di ambienti caldi con altre favorite dalla frescura e dall'umidità elevata.
Si costeggiano alcune rustiche casette con i loro poderi (piccoli lembi coltivati ad orto o vigna); dopo aver incontrato sulla destra un'altra mulattiera che risale verso le sorgenti dell'acquedotto di Riomaggiore, si rasenta un vecchio mulino e si attraversa il ruscello sbucando poco dopo nella parte alto del paese di Riomaggiore. Proseguiamo in ripida discesa sulla copertura in cemento del torrente che attraversa longitudinalmente il paese fino al tunnel pedonale che sulla destra ci porta rapidamente alla stazione.

 

CAMPIGLIA - ALBANA
(mare)

Segnavia: 11a
Quote: partenza 400 m, arrivo : 0, max : 403 m
Dislivelli totali: 406 m
Lunghezza: 1,3 km
Difficoltà: discreta

Tempo di percorrenza: 40 minuti

Caratteristiche: Il sentiero, che si distacca dal Nº 1 poco sotto a Campiglia, è piuttosto difficoltoso perché sovente sommerso dalla vegetazione che qui presenta uno dei più belli esempi di lecceta della Liguria. In prossimità della meta si gode uno stupendo panorama verso Portovenere e le isole e si possono osservare interessanti contatti tra formazioni geologiche diverse.
Si raccomanda di mantenere un comportamento corretto nell'attraversare le proprietà private e di fare attenzione ai cani da guardia. Il ritorno può essere fatto risalendo lo stesso sentiero o il sentiero 11 su una strada sterrata, chiedendo gli opportuni permessi.
Il sentiero inizia nei pressi del piccolo campo sportivo di Campiglia distaccandosi dalla strada che sale da La Spezia e che in quel tratto è percorsa anche dal sentiero Nº 1. Il punto preciso della diramazione è sulla curva vicino a dove il sentiero Nº 1 salendo entra nella strada asfaltata.
Il nostro sentiero scende abbastanza ripidamente zig-zagando dentro un folto bosco di lecci. La scarsa quantità di luce che filtra ha ridotto gli arbusti di erica che un tempo costituivano la macchia a poveri esemplari scheletriti; nelle zone più illuminate fioriscono Emeri (Coronilla emerus), Euforbie cespugliose (Euphorbia characias), Ellebori (Helleborus foelidus), Viole (Viola alba), mentre nel sottobosco più frequenti sono l'Asplenio maggiore (Asplenium onopleris) e il Pungitopo (Ruscus aculeaIus). In alcuni tratti abbondano la Strappabraghe (Smilax aspera) e la Robbia (Rubia peregrina) che possono ostacolare notevolmente il transito. In certi lembi di bosco, inoltre, vi sono alberi di Pino marittimo che male si addicono al carattere naturale del paesaggio. Una volta giunti al Fosso di Albana, si lambisce una strada sterrata che incontreremo più volte scendendo ancora; la strada purtroppo ha intaccato gravemente la continuità della lecceta e favorito la diffusione di specie ruderali.
Si passa vicino ad un edificio dalla foggia a castello, con torre, dalle apparenze antiche; esso ha invece un'origine recente ed e stato ricostruito più volte anche perché negli ultimi anni ha subito i danni di gravi incendi. Si arriva ad una zona in parte coltivata ed in parte abbandonata e si attraversa il Fosso passando sul versante opposto in un alternarsi di pini, arbusti della macchia ed incolti.
Si scende ora più ripidamente in prossimità di un crinale di Punta Persico fino a giungere a delle baracche poste immediatamente a Ovest di Casa Boccardi. Da qui si ha la più spettacolare visione della costa dell'estremo levante ligure: a ponente una lingua di spiaggia detritica, lo scoglio Ferale e le punte allineate dove sorgono Schiara, Monesteroli e Fossola, e a levante la Valle di Albana, lo scoglio Galera e soprattutto una dirupata scogliera che arriva sino al Tino, solo impercettibilmente interrotta dai bracci di mare che separano le isole tra loro e dalla terraferma. Le falesie scendono a precipizio sui mare con strapiombi che in alcuni punti raggiungono i 250 m, ma l'effetto spettacolare e accresciuto dalla policromia dovuta all'accostamento di rocce rosse e bianche, qua e là macchiate dal verde dei cespugli che si abbarbicano sulle cenge.
Il diverso colore delle falesie deriva dal contatto geologico tra formazioni diverse della serie toscana che rappresentano i periodi tra il Retico (oltre 190 M.A.) e l'Oligocene (26 M.A.): i bianchi calcari a Rhaetavicula contorta e i calcari massicci da levante giungono sino allo Scoglio Galera, poi, in rapida successione tra lo scoglio suddetto e la Punta del Persico - nostro punto d'osservazione - i calcari ad angulati, il rosso ammonitico, i calcari selciferi, le marne a Posidonomya, i Diaspri, la Maiolica, gli Scisti policromi e infine le Arenarie del Macigno.
Sulle falesie nidificano uccelli che nel nostro paese diventano sempre più rari perché sempre più rari sono i posti incontaminati come quelli che stiamo vedendo: vi si trovano infatti il Falco pellegrino (Falco peregrinus), il Corvo imperiale (Corvus corax), il Rondone pallido (Apus pallidus) il Passero solitario (Monticola solitarius) e diversi altri.
Sulla nostra sinistra, in fondo alla valle, si vede la Casa Boccardi (proprietà Bertonati) costruita in epoca napoleonica probabilmente su un antichissimo insediamento. Le terre di Albana, prosperose per la inusuale grande disponibilità d'acqua sorgiva, furono proprietà del Convento di S. Venerio dell'Isola del Tino dal 1162-1172 sino all'avvento di Napoleone; dopo di che vennero confiscate e date per ricompensa al Capitano Boccardi che aveva servito nell'esercito del generale corso. Dopo alcuni lustri, tuttavia, in seguito a disavventure economiche, la proprietà fu messa all'asta e aggiudicata alla famiglia Bertonati che attualmente tenta di riportare la produttività agricola agli antichi splendori. La zona di Albana costituisce per legge il limite orientale dei vigneti per i quali e riconosciuta la Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) attribuibile ai vini "Cinque Terre" e "Cinque Terre Sciacchetrà ".
Ancora pochi passi di ripida discesa e si è al mare. Se si è buoni nuotatori si può raggiungere una spiaggetta proprio sotto il rosso dirupo che sovrasta lo Scoglio Galera: essa è accessibile solo dal mare. Si può anche proseguire a ponente lungo gli scogli verso le spiagge ciottolose di Persico e del Navone risalendo eventualmente dal sentiero Nº 11 .

 

CAMPIGLIA - PUNTA  DEL  PERSICO

Nº Segnavia: 11

Quote: partenza: 400 m, arrivo: 0

Dislivelli totali: 400 m (discesa)
Lunghezza :1,3 km

Difficoltà: discreta

Tempo di percorrenza: 40 minuti

Caratteristiche: L'itinerario si svolge in discesa, quasi interamente su una tipica scalinata e dà modo di vedere i caratteri peculiari della zona di Tramonti.
Dalla piazza di Campiglia, in corrispondenza della cabina telefonica, si scende presso il ristorante " Lampara" e si prosegue tra due muri abbelliti da vivaci fioriture. Si attraversa una vasta zona di vigneti dove le viti sono disposte ora a pergola ed ora quasi striscianti sui terreno caldo ed asciutto.
Dopo un tratto con lembi di macchia e gruppi di ombrosi alberi di pino marittimo e leccio, il sentiero gradinato prosegue dolcemente passando in vicinanza di una parete rocciosa. Sullo sfondo del mare si vede l'isola del Tino, dal caratteristico profilo triangolare. Il sentiero passa sulla sinistra di un agglomerato di case, il Chioso, presso il quale s'estende un oliveto in parte abbandonato. Di qui passava il sentiero 1c, ormai intransitabile, che ricalcava un'antica via snodantesi lungo tutta la Riviera di Levante.
Poi, d'improvviso, l'acclività aumenta e si scende per ripidi tornanti tra le "fasce" coltivate che si fanno sempre più strette, tanto da dividersi equamente la terra coi muri a secco. Su questi crescono le Borraccine (Sedum rupestre), la Valeriana rossa (Centranthus ruber) e cespi dorati di Perpetuini (Helichrysum italicum) dall'intenso aroma.
A quota 220 si arriva ad una brusca curva, da dove si gode un panorama ancora più ampio, sia verso levante che verso ponente; un centinaio di metri più sotto rosseggiano i tetti delle casupole di Persico, cantinette nelle quali la gente di Biassa e Campiglia usa trasferirsi l'estate.
Si prosegue sempre per una scalinata strettissima - dove i gradini non hanno nemmeno lo spazio per un piede -, costruita con massi di arenaria tra vigne e fasce abbandonate. Le vigne curate si fanno sempre più rade, ma tralci di vite, ormai inselvatichiti, sono presenti su piccole fasce sconnesse fin quasi sul mare. La macchia prende decisamente il sopravvento coi suoi intensi profumi e gli accostamenti di colore: il giallo delle Ginestre (Spartiumjunceum), il mutevole verde delle Euforbie (Euphorbia dendroides), il bianco dei Cisti in fiore ( Cistus salvifolius}. Qua e là gruppi di pini ergono la loro rada chioma sull'azzurro del mare. Tra le pietre sconnesse si aggirano lucertole muraiole e può capitare di osservarvi anche il lungo Biacco (Coluber viridiflavus) che tenta di nascondersi al nostro passaggio. Sulla sinistra si distacca il sentiero che va nella Valle di Albana. Poco prima del mare, dove la scalinata diventa più ripida e disagevole, vi sono delle baracche multicolori, messe su dai proprietari delle terre soprastanti. E' questo un fenomeno che si ripete in diversi punti della costa di Tramonti, arrecando una nota stonata a1 paesaggio, ma che richiama lo stretto legame della gente col mare.
Dal mare si vedono a ponente le case di Schiara e si può proseguire lungo gli scogli in quella direzione passando sotto ad imponenti muri a secco che tentano invano di ostacolare i movimenti franosi,  oppure in direzione opposta collegandosi al sentiero 11a.

                                                                                                                                                                                      Delfino  a  Tramonti

 

VALICO DI S. ANTONIO - SCHIARA  MARE


Nº Segnavia: 4

Quote: partenza: 511 m, arrivo: 0

Dislivelli totali: 511 m (discesa)

Lunghezza: 2,3 km,

Difficoltà: discreta

Tempo di percorrenza: 1 ora

Caratteristiche: Si tratta di un itinerario che offre ricchi spunti per osservazioni naturalistiche e storiche ed ampi panorami.

Dalla graziosa ed antica chiesetta di S. Antonio Abate, recentemente restaurata, si scende per una largo strada in mezzo ad un fresco bosco di pini e castagni, dove la significativa presenza del ginestrone indica condizioni di discreta umidità.
Si giunge in un punto dove sul lato destro si staglia contro il cielo tra gli alberi una grande pietra conficcata in posizione verticale e sormontata da una croce di ferro. Si tratta del Menhir di Tramonti; secondo gli studiosi la pietra venne trasportata in epoca preistorica da un altro posto e fissata con cunei in pietra alla base; successivamente venne "cristianizzata" con l'apposizione di una croce di legno sostituita poi con quella in ferro. Da questa zona proviene anche un altro Menhir, conservato al Museo di La Spezia.
Di fronte al Menhir vi è una sorta di basso muro, costruito con lunghi e pesanti lastroni, utilizzato in passato come "posa", cioè come posto per posare le ceste cariche d'uva durante le soste che interrompevano il trasporto a spalle del raccolto autunnale.
Più oltre vi è un rifugio anch'esso in pietra di arenaria. I Menhir di Tramonti sono considerati da alcuni studiosi tra le espressioni più primitive di quei popoli della Lunigiana che produssero poi una serie di "statue stele" più o meno elaborate, ora conservate presso diversi musei. Secondo altri avrebbero avuto funzioni calendariali ; pare infatti che il sole nel solstizio estivo proietti l'ombra del Menhir al centro della "posa grande". Intorno alti pini sovrastano individui arborescenti di leccio ed arbusti della macchia, eriche e corbezzoli soprattutto.
Subito si scende a destra per un sentiero in mezzo ad un bosco dove prevalgono i lecci, ma non mancano roverelle e castagni e persino qualche sughera. Questa specie è presente in maggiore abbondanza, subito più a Est, sulla Costa dei Pozai, raggiungibile attraverso la strada che abbiamo appena lasciato. Insieme alla sughera si trova un altro elemento floristico mediterraneo occidentale di estremo interesse: il Caglio ellittico (Galium scabrum).
A quota 422, dopo aver incrociato una strada carreggiabile, c'e una biforcazione; sulla destra si va a Monesteroli , mentre il nostro itinerario prosegue a sinistra vicino ad una casetta in mezzo ai vigneti: Poco dopo si vede il mare e le Isole della Palmaria e del Tino. Si scende nuovamente in mezzo ad un ombroso bosco di lecci e si giunge alla bella Fontana di Nozzano , costruita durante la presenza dei soldati napoleonici che nel 1805 sorvegliavano la costa spezzina. Poiché la sorgente, che un tempo sgorgava copiosa, e stata captata, resta solo l'acqua sufficiente per dissetarsi.
Poco dopo si sbuca con una breve salita sui tornante di una strada asfaltata (che è la prosecuzione della strada intrapresa all'inizio) e la si segue in discesa; essa diventa quasi subito sterrata e poi un semplice sentiero. Si entra in un'ampia zona a vigneti tenuti straordinariamente in ordine con bassi muretti e, qua e là, siepi di erica secca per protezione dal vento e dalla salsedine. Si tralasciano alcune diramazioni sulla destra e si comincia a scendere più ripidamente, sempre in mezzo alle vigne e al muri a secco, lungo un crinale dal quale si gode un panorama stupendo sulla costa verso la Palmaria ed il Tino. Di fronte a noi si erge lo Scoglio Ferale,  alto 20 m sul mare. Giunti a Schiara passiamo tra le piccole case disposte a sbalzo sui ripido pendio; per l'elevata acclività i tetti delle case verso mare sono addirittura a livello della strada; davanti all'ingresso ogni casa ha il proprio orto. Qui si trasferisce la gente di Biassa durante l'estate fino alla vendemmia. A levante si osserva, scoscesa sui mare, la Costa del Persico.
Poco prima delle ultime case si incontra il bianco Oratorio di S. Antonio, con un minuscolo sagrato ed una graziosa e squillante campanella. La scalinata diventa ora ripidissima e pare scivolare via verso il mare; ancora poche case ed il paesaggio è ora dominato dalla macchia: l'Erica, il Leccio e soprattutto l'Euforbia arborea la fanno da padroni.
Più in basso si scende con difficoltà tra roccioni e sassi sino al mare sui quale si distingue sempre bene lo Scoglio Ferale, con una bianca croce che ricorda la scomparsa del Tenente di Vascello Luigi Garovaglio ivi precipitato nel 1911 durante rilievi idrografici. La marina di Schiara e una bella spiaggia dove, alla base di banchi di arenarie, si alternano grossi massi, ciottoli e sabbia grossolana. Anche qui vi sono alcune baracche utilizzate dagli abitanti che vengono a pescare nel mare poco profondo e ricchissimo di pesci.

                                                                                                                                                                                                  Delfino  a  Tramonti

 

 

ANTICA MULATTIERA CAMPIGLIA-ACQUASANTA

 

 Sentiero n°11 del CAI    Quota di partenza 401 m. s.l.m.  – Quota di arrivo 102 m s.l.m.

Lunghezza complessiva 1480 (+1250 asfalto) Tempo di percorrenza 30’ (+15’) circa

 

 

 

Campiglia: un balcone sulla città

Per la maggior parte dei cittadini della Spezia, Campiglia è il lontano e caratteristico profilo di un fabbricato e una torre (la chiesa e il campanile di Santa Caterina) sulla dorsale tra la punta di Coregna e la Castellana.

Per i turisti, un luogo incantevole con potenzialità tuttora inespresse.

Per gli abitanti un luogo amato e sofferto, che può ancora essere salvato da una lenta e malinconica decadenza.

Da Campiglia, straordinaria è la doppia veduta: da una parte è balcone sulla rada della Spezia, dall’altra spazia oltre la verde discesa dei vigneti, sulla vastità del mare punteggiato dalle lampare delle barche da pesca.

L’abitato di Campiglia (le prime notizie risalgono al 981) che attualmente costituisce il più elevato e il più piccolo dei quartieri della Spezia (mt. 400 sul livello del mare e poco più di 100 residenti) iniziò a sorgere sul crinale che unisce il monte Castellana al monte Coregna, ambedue particolarmente impervi, quando lo scelsero come rifugio pressoché inaccessibile a gruppi di armati alcune famiglie giunte dal mare, per sfuggire a scorribande piratesche.

Campiglia costituisce infatti uno splendido osservatorio per potere avvistare naviglio in mare aperto o nelle acque racchiuse del Golfo: Fu nel X e XVI secolo che le popolazioni del borgo iniziarono la costruzione dei muri a secco, che ancora oggi costituiscono la più gigantesca opera civile che connota come incomparabile il paesaggio di tutto il promontorio.

Fa parte della storia sociale di Campiglia il fatto che i suoi abitanti, che all’ inizio del 1900, raggiungevano quasi le 500 unità, appartenessero tutti a due soli casati: quello dei Canese e quello degli Sturlese.

Lungo il sentiero sono situati alcuni pannelli con la descrizione naturalistica degli ambienti attraversati.

 

Descrizione del percorso:

La mulattiera costruita alla fine dell’800 era l’unico collegamento tra il paese e la città. A circa 300 metri una via ancora più antica distacca dalla medesima e conduce all’abitato di Coregna e quindi a La Spezia. Il percorso è costituito da ciottoli  in arenaria intervallati da robusti cordoni dello stesso materiale, da tratti rettilinei culminanti  in ampi tornanti allo scopo di addolcire il cammino lungo il crinale. Abbandonato il paese dopo breve incedere si attraversa la sterrata che conduceva alle cave di Coregna, quindi immersi in una fitta vegetazione di pini e castagni, gradualmente si scende di quota lambendo un vecchio sentiero che adduceva alla ormai abbandonata sorgente di Caporacca, ove si riforniva il paese, nei pressi di un piccolo ricovero dalle intemperie con annessa posa per i carichi trasportati. Proseguendo dopo aver attraversato un vecchio ponte ad arco in pietra locale, la mulattiera, grazie ad un ponticello attraversa il torrente Caporacca e quindi sovrastando la galleria SNAM Panigaglia - Caporacca termina sulla strada carrozzabile, realizzata anticamente quale collegamento al forte napoleonico della Castellana, ed attualmente unico collegamento viario del borgo di Campiglia con la città.

  

 

Tramonti di Campiglia (SP)

Novembre 9th, 2009 | Postato in Liguria, Luoghi

La località scelta oggi dalla redazione di Fuoridalcaos è Campiglia, frazione del Comune di La Spezia.
Per la maggior parte dei cittadini della Spezia, Campiglia è il lontano e caratteristico profilo di un fabbricato e una torre (la chiesa e il campanile di Santa Caterina) sulla dorsale di Coregna e la Castellana. Per i turisti un luogo incantevole con potenzialità tuttora inespresse. Per gli abitanti un luogo amato e sofferto, che può ancora essere salvato da una lenta e malinconica decadenza.
Punto di partenza o di arrivo per escursioni con vari livelli di difficoltà, Campiglia può essere anche un piacevolissimo luogo di soggiorno, per la costante brezza marina che rende il clima temperato per gran parte dell’anno, la presenza di salubri pinete a pochi passi dall’abitato e per le attrezzature di accoglienza di un ottimo livello qualitativo.
Da Campiglia si può godere di una straordinaria doppia veduta: da una parte è balcone sulla rada della Spezia, dall’altra spazia oltre la verde discesa dei vigneti, sulla vastità del mare punteggiato dalle lampare delle barche da pesca.
L’abitato di Campiglia (le prime notizie risalgono al 981), che adesso costituisce il più elevato e piccolo quartiere di La Spezia (mt.  400 sul livello del mare e poco più di 100 residenti) iniziò a sorgere sul crinale che unisce il monte Castellana al monte Coregna, ambedue particolarmente impervi, quando lo scelsero come rifugio pressocchè inaccessibile a gruppi di armati alcune famiglie giunte dal mare, per sfuggire a scorribande piratesche.
Campiglia costituisce infatti uno splendido osservatorio per potere avvistare naviglio in mare aperto o nelle acque racchiuse del Golfo. Fu nel X e XVI secolo che le popolazioni del borgo iniziarono la costruzione dei muri a secco, che ancora oggi costituiscono la più gigantesca opera civile che connota come incomparabile il paesaggio di tutto il promontorio.
Fa parte della storia sociale di Campiglia il fatto che i suoi abitanti ad inizio 1900 raggiungevano quasi le 500 unita, appartenessero tutti a due soli casati: quello dei Canese e quello degli Sturlese.
Nella piazza della chiesa di Campiglia, di fronte all’alto campanile ottocentesco, si incontrano e si diramano i principali percorsi pedonali del territorio. Coloro che amano percorre a piedi i sentieri delle Cinque Terre e di Portovenere spesso preferiscono partire da Campiglia, anche perché essa è uno dei pochi punti di accesso che si trovi “in quota” e non obbliga quindi gli escursionisti ad un tratto iniziale in ripida salita.
Campiglia si allunga proprio lungo il percorso di crinale (alt. 4/500 m.) a circa 1h. e ½ di cammino da Portovenere e 2 h. e ½ da Riomaggiore.
Da Campiglia inoltre si può raggiungere in breve tempo l’antica via Provinciale, già in stato di completo degrado e oggi in gran parte recuperata, che più in basso (alt. 250 m. circa), attraversa il piccolo nucleo del Chioso e collega i terreni terrazzati di Tramonti di Campiglia e di Biassa con quelli di Albana (verso sud) e di Schiara-Monasteroli (a nord). Scendendo ancora si incontrano le isolate località di Navone e del Persico i cui pochi vigneti ancora coltivati danno l’uva per il famoso vino Rinforzato (detto anche Sciacchetrà), esse sovrastano un ripido dirupo attraverso cui si raggiungono con qualche difficoltà due splendide spiagge circondate da archi naturali di scogliere che formano delle piccole piscine naturali dove il fondale è particolarmente ricco di fauna e flora marina.
Dal centro del paese parte l’antica mulattiera Campiglia - Acquasanta. La mulattiera fu costruita alla fine dell’800 ed era l’unico collegamento tra il paese e la città. A circa 300 metri una via ancora più antica distacca dalla medesima e conduce all’abitato di Coregna  e quindi a La Spezia. Il percorso dell’antica mulattiera è costituito da ciottoli in arenaria intervallati da robusti cordoni dello stesso materiale, da tratti rettilinei culminanti in ampi tornanti allo scopo di addolcire il cammino lungo il crinale. Abbandonato il paese dopo breve incedere si attraversa la sterrata che conduceva alle cave di Coregna, quindi immersi in una fitta vegetazione di pini e castagni, gradualmente si scende di quota lambendo un vecchio sentiero che adduceva alla ormai abbandonata sorgente di Caporacca, ove si riforniva il paese, nei pressi di un piccolo ricovero dalle intemperie con annessa posa per i carichi trasportati. Proseguendo dopo aver attraversato un vecchio ponte ad arco in pietra locale, la mulattiera, grazie ad un ponticello attraversa il torrente Caporacca e quindi sovrastando la galleria SNAM Panigaglia-Caporacca termina nella strada carrozzabile, realizzata anticamente quale collegamento al forte napoleonico della Castellana, ed attualmente unico collegamento viario del borgo di Campiglia con la città.

Non molto distante (30 m.) al Muzzerone sul sentiero n. 1 verso Portovenere è attrezzata una suggestiva palestra di roccia a picco sul mare mentre e a pochi minuti lungo la carrozzabile un centro equestre consente di effettuare facili escursioni nel folto bosco della Castellana per raggiungere le cave di marmo portoro ormai abbandonate, o in altri più impegnativi itinerari.
Lungo il tracciato del sentiero di crinale che collega Porto Venere con le Cinque Terre, non lontano dalla chiesa di Santa Caterina di Campiglia, si incontra una possente costruzione circolare in pietra caratterizzata da una scalea esterna che avvolgendosi a semicerchio porta al piano superiore.
Ritenuto da alcuni un torrione di avvistamento, simile a quelli che la repubblica di Genova aveva alzato sulle coste della Corsica, la costruzione è in realtà di un edificio adibito ad accogliere le attrezzature (pale, macchinari) di un mulino a vento. La scarsità di fiumi e torrenti di una certa portata ha spinto precocemente gli abitanti di questa zona della Liguria a trovare forze motrici alternative all’acqua.
Uno dei mulini a vento liguri è quello di Campiglia che per la tipologia architettonica è stato datato al XVII secolo e seppure il regime dei vent

 

 

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Ultimo aggiornamento: 10-06-10