Il Libro

10-06-12

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L'Associazione Campiglia è lieta di annunciare l'uscita del "suo" libro:

Tramonti di Campiglia

La Settima Terra

La vernice ufficiale avrà luogo Venerdì 30 Aprile 2004, alle ore 18, presso il Castello di Riomaggiore.

Gli autori del libro sono: Luciano Bonati, i campigliesi Piero Lorenzelli e  Jolanda Sturlese.

Gli scritti sono incentrati sulla storia remota di Campiglia, realtà d’altri tempi, soprattutto i vari personaggi delle storie paesane di allora. Descrizione del territorio di Tramonti, già celebre nel passato per l’ottimo vino prodotto, incluso il “Rinforzato” e più recentemente per la produzione del prezioso zafferano e per la marmellata di fichi d’India. Sono altresì tracciati i sentieri turistici del territorio, corredati da descrizioni, caratteristiche di percorrenza, mappe. Ed ancora, componimenti dei poeti che hanno celebrato Campiglia. Scultori, pittori, che attualmente hanno il laboratorio in paese. Ricette contadine per preparare i piatti tipici e caratteristici del luogo, inclusi i cosiddetti piatti “poveri”. Il tutto immerso in moltissime fotografie d’epoca e panoramiche attuali che fanno da cornice al  testo scritto.

La presentazione del libro sarà curata dal Professor Mauro Mariotti.

 E' gradita la presenza di tutti gli amici che vorranno intervenire all'anteprima.

 Vogliamo fin d'ora ringraziare sentitamente gli sponsor dell'opera:

Associazione Campiglia

Cassa di Risparmio della Spezia

Comune della Spezia

Parco Nazionale delle 5 Terre

 

 

Qui di seguito riportiamo  la copertina del libro:

 

 

 

PROFILO   DEGLI   AUTORI

Chi desiderasse acquistare il testo può prenotarsi scrivendo una  e-mail indirizzata a: canese@campiglia.net,

o tramite fax al numero :  0187/520228       Tel.  0187/758035

oppure scrivendo all'Associazione Campiglia - Via Tramonti n.4  - 19100 La Spezia

 

Castello  di  Riomaggiore, Venerdì 30 Aprile 2004

Nella splendida e suggestiva ambientazione del Castello di Riomaggiore, si è tenuta la vernice del libro dedicato a Campiglia e al suo territorio di Tramonti. Sono intervenuti: il Sindaco di La Spezia Giorgio Pagano, il Prof. Mauro Mariotti, gli autori del libro Luciano Bonati, Piero Lorenzelli e Carla Garavaglia, figlia di Jolanda Sturlese, coautrice scomparsa. Numeroso il pubblico presente. Ha fatto gli onori di casa il Presidente del Parco Nazionale delle 5 Terre, Franco Bonanini. Sono seguiti vari interventi a commento del libro, da parte del Presidente Bonanini, del Sindaco Pagano, di Piero Lorenzelli e di Luciano Bonati, che ha fatto anche da conduttore della manifestazione. Il Prof. Mariotti ha espressamente curato la presentazione del testo. Riportiamo, per intero, la sua critica al libro.   E' seguito un ricco rinfresco per tutti, con prodotti della gastronomia locale e vini tipici delle 5 Terre.

 

Presentazione del libro a cura del Prof. Mauro Mariotti

(Il Prof. Mauro Giorgio MARIOTTI, biologo, genovese, è docente di botanica presso la Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi di Milano. Autore di numerose pubblicazioni scientifiche e divulgative, svolge ricerche sulla flora, sulla vegetazione e sul paesaggio italiano, approfondendo particolarmente le problematiche di valutazione e gestione ambientale. E’ coordinatore del Gruppo di Lavoro sulla Conservazione della Natura della Società Botanica Italiana. Ha partecipato alla redazione di piani di gestione di aree protette, piani urbanistici e territoriali curandone in alcuni casi il coordinamento. Sin dal 1980 ha condotto gli studi sulle aree più meritevoli di conservazione della Riviera di Levante contribuendo, fra l’altro, alla istituzione del primo Parco Regionale delle Cinque Terre, per il quale aveva svolto gli studi propedeutici e redatto le norme di salvaguardia, la maggior parte delle quali sono ancora in vigore nell’odierno Parco Nazionale. Su Tramonti e tutta la costa dal Tino sino a Levanto ha pubblicato diverse guide che illustrano i valori culturali più significativi e una carta del paesaggio).

La settimana scorsa ho detto a un’amica e collega che oggi sarei venuto a Riomaggiore a presentare un libro su Tramonti e Lei è rimasta un po’ perplessa. Lei sa che mi occupo di tante cose, ma mai – mi ha detto – avrebbe immaginato che con tutte le cose che ho da fare mi sarei lasciato coinvolgere in una iniziativa su come il sole cala ogni sera.

Ho dovuto allora spiegarLe che cosa significa Tramonti con la T maiuscola. A me, invece, da molti anni Tramonti con la T maiuscola richiama subito un magnifico tratto della Riviera di Levante. Bene hanno fatto dunque a precisare nel titolo Tramonti di Campiglia, ma per quelli che conoscono questa terra, la settima non c’è bisogno di specificare.

Tramonti è unico soprattutto per coloro che lo abitano e vi lavorano duramente, ma appare unico anche a chi ha cercato e cerca di scoprirne i misteri, o almeno quelli che appaiono tali a una prima impressione.

L’unico e il raro meritano massima considerazione. Bene ha fatto dunque l’Associazione Campiglia - e in particolare Luciano Bonati e Piero Lorenzelli - a raccogliere le testimonianze su Tramonti in questo nuovo libro che ha il sapore della terra, l’aroma della vendemmia e il colore di un verde paesaggio incorniciato dall’azzurro del mare.

Bene hanno fatto il Comune della Spezia, il Parco delle 5 Terre, la Cassa di Risparmio, la Società Editrice Buonaparte di Sarzana a dedicare questo volume originale e ricchissimo a Tramonti, distinguendolo da tutte le altre pubblicazioni sulle Cinque Terre. Questa è la Settima terra che solo persone come quelle che vi vivono possono descrivere compiutamente.

Il libro è il risultato di un coro a più voci intonato e finalizzato a illustrare la storia e la memoria, il paesaggio del presente e del passato, ma anche quello che ci si aspetta per il futuro. E’ al tempo stesso narrazione e ricerca. Oso dire ricerca scientifica perché si evidenzia subito che dietro al libro c’è l’attività costante dell’Associazione Campiglia con le sue indagini diffuse in tutto il mondo alla ricerca dei campigliesi emigrati, con le sue coltivazioni sperimentali dello zafferano, con la ricostruzione della viabilità storica minore, con la riscoperta di ricette che si stavano perdendo, con la sua attenzione alle arti visive, opere di pittori e scultori legati a questo borgo in sella a un "cavallo" che divide fra due mari, un cavallo antico, affaticato, ma non domo e che vuole, giustamente ancora correre.

Tramonti non è Cinque Terre e non è Porto Venere, ha una propria identità, quasi una cerniera che unisce e separa i due territori più noti. Piero Lorenzelli ha dedicato interessanti pagine alla storia e all’identità particolare di Campiglia riportando, al di là degli aspetti protostorici legati al menhir di Tramonti, le ipotesi di Sittoni, dell’inizio del Novecento, sull’origine saracena dei campigliesi, un’origine quasi vantata dagli abitanti (e di questi tempi non è poco). Accanto a quelli che un tempo erano gli "infedeli", lo stesso Lorenzelli accosta l’analisi della profonda religiosità cristiana dei campigliesi, che ebbero per alcuni periodi due luoghi di culto e che si impegnarono a fondo per erigere la chiesa di Santa Caterina, una santa venerata in ben due occasioni nel corso dell’anno. Non mancano nel libro documenti storici originali, come quello scritto nel 1891 da Michele Canese ai Savoia nel quale descrive la visita a Campiglia effettuata nel 1853 dal principe Umberto I. Venendo alla storia più vicina a noi, è avvincente la storia delle due campigliesi Matilde Canese ed Enrica Sturlese che nell’agosto del 1944 soccorsero l’aviatore americano Jules Spach, sopportando il carcere e rischiando concretamente la fucilazione da parte dei tedeschi.

Ma la storia non è fatta solo di episodi; non meno interessanti sono le pagine che descrivono la vita e il lavoro nei campi, le attività che riguardano l’estrazione e la lavorazione dell’arenaria, la pesca, l’uso parsimonioso dell’acqua. Per un botanico come me è una solida riconferma delle teorie che evidenziano i legami fra cambiamenti significativi del paesaggio e l’abbandono di pratiche rurali nelle quali i vegetali ricoprivano un ruolo essenziale. Le piante per legare o fare cordami: qui ginestre, là l’ampelodesma, altrove il salice o i giunchi, il castagno per costruire botti, "corbe" e "coffe", la paglia di grano per il "saccon" dove riposarsi un poco. Cose d’altri tempi; ora ci sono la plastica e il materasso a molle. L’abbandono delle colture di cereali e quello dei castagneti, ma anche l’incuria di aspetti della vegetazione relativamente più naturali, come la macchia di erica o di ginestra, hanno segnato e segnano tuttora il paesaggio; essi incidono anche sulla biodiversità, riducendo in particolare quella di alcune specie animali.

Sempre a proposito delle piante che forniscono un’impronta particolare al paesaggio vorrei ricordare la quercia da sughero. Sono molto affezionato a questa specie perché, dopo la tesi di laurea vi ho dedicato la mia prima pubblicazione scientifica e venticinque anni fa sono venuto proprio qui a Schiara e sulla Costa dei Pozai a studiarla perchè qui vi è uno dei boschi di sughere più estesi della Liguria. In seguito sono tornato più volte e ho pubblicato lavori sulla lecceta di Nozzano. Da venticinque anni porto con me una questione ancora irrisolta: l’origine delle diverse sugherete liguri. Ora leggo in questo libro che "si narra che un navigante campigliese, al ritorno da un viaggio, portò con sé alcune piante di sughero che mise a dimora nella costa sovrastante la zona di Schiara". Certamente sono affermazioni che meritano una conferma, ma rafforzano un’altra confidenza fattami diversi anni fa da un abitante di Schiara. Egli affermava che la sughera era stata portata dalla Provenza e in particolare da Frejus (una cittadina fondata sull’arenaria) da alcuni campigliesi che vi erano emigrati come scalpellini.

A volte si cerca di ricostruire le vicende del paesaggio vegetale mediante analisi polliniche che risalgono a migliaia di anni fa, altre volte si spulciano i fondi polverosi degli archivi, ma quante volte più che una causa vi è il caso. L’importazione casuale della sughera da parte di un singolo campigliese, sia pure da confermare, ci rammenta come la complessità della natura che deriva dall’elevatissimo numero di specie (compresa quella umana) e ancor più dallo straordinario numero di relazioni fra queste specie non può essere affrontata con una visione deterministica che enfatizza un semplice rapporto causa-effetto e che riconduce tutto a teorie note o conoscibili. Il caso del campigliese e delle sue sughere ci rammenta che chi deve studiare il territorio, la natura o il paesaggio deve affrontare ogni cosa con una visione olistica avendo coscienza che troppo spesso è il caso ad avere il sopravvento sulle leggi fisiche, chimiche sociali o d’altro tipo e avendo coscienza che il mondo dove viviamo assomiglia più a un immenso ed intricato caos del quale possiamo conoscere ben poco. Per questo motivo ogni nostra azione deve essere improntata al principio di precauzione; poiché non possiamo prevedere ogni cosa e poiché la casualità è elevata, dobbiamo comportarci con onestà riconoscendo la necessità di non mettere a rischio la vita e l’ambiente.

Non credo che Lorenzelli quando ha riferito l’ipotesi sull’origine della sughera a Tramonti abbia voluto stimolare tutte queste riflessioni. Però credo di essere nel vero quando dico che il libro è pervaso da un approccio corretto per la valorizzazione del territorio in tutta la sua complessità, della quale evidenzia episodi casuali e ricorrenti e rispetta la natura non solo delle cose esistenti, ma anche delle relazioni fra l’uomo, le pietre, le piante e gli animali.

Al centro del volume è la ristampa quasi completa del libro "La mia gente" di Jolanda Sturlese. Una scrittrice che attraverso l’intimo diario famigliare traccia in modo preciso la vita dei campigliesi, le loro usanze, il loro stretto abbraccio alla terra.

Poi attraverso le storie paesane di Luciano Bonati si entra pian piano nell’attualità. Credo che episodi come la pesca miracolosa favorita dai nefasti bombardamenti oppure il faticoso lavoro delle donne che portavano i prodotti dell’orto a Porto Venere, la produzione del sale in tempo di guerra che comportava un andirivieni continuo con carichi di legna e il rischio di essere mitragliati possano affascinare non solo quelli come me che solo per pochi anni non li hanno vissuti, ma anche i giovani d’oggi.

Lo stesso Bonati conferisce al libro una funzione pratica rispolverando ricette tipiche: l’agliata, gli erbi, il coniglio di Campiglia, "er boneto" (la bomba di riso), "er peo frito", tutti piatti che ognuno di noi potrebbe sperimentare nella propria cucina, ma che sarebbe meglio provare in qualche ristorante di Tramonti o nella casa di qualche amico campigliese. Un discorso a parte meritano le ricette di Maria Sturlese del ristorante "La Lampara" elaborate con lo zafferano sulla base di antiche usanze rivalutate dopo la recente reintroduzione della coltura di questa splendida iridacea.

Di notevole importanza è il capitolo sui sentieri. Luciano Bonati descrive dieci antichi percorsi e li traccia su una carta di facile lettura. Li descrive minuziosamente e soprattutto nella loro attualità. L’importanza è legata al fatto che a Tramonti le frane e la vegetazione sono protagonisti di fenomeni dinamici piuttosto veloci e da un anno all’altro possono scomparire tratti anche lunghi di sentieri. Il libro fotografa lo stato di salute della rete escursionistica di Tramonti, ne ripercorre la storia e ne mette in evidenza le peculiarità che l’escursionista, (quello che un tempo veniva chiamato il viandante) può osservare.

E in ultimo il libro si apre sul futuro: l’attività della giovane Associazione Campiglia, che in soli cinque anni ha animato la piccola comunità con diverse iniziative culturali e pratiche, la già menzionata coltura dello zafferano, il restauro e la nuova destinazione del seicentesco mulino a vento, uno dei più importanti edifici simbolo del paese, il recupero dei sentieri e l’adeguamento della viabilità interpoderale nel rispetto del paesaggio, il ripristino di alcuni terrazzamenti e il progetto di una cantina comune per il "rinforzato" di Campiglia, un vino che potrà avere un sicuro avvenire.

Dal 1979 ho percorso moltissime volte i sentieri di Tramonti e sono stato più volte a Campiglia: Tramonti mi ha sempre affascinato. Vi trovo sempre una bellezza e un poco di mistero nel paesaggio che è, proprio a Tramonti, l'impronta e la memoria della natura e dell'uomo. Il valore identitario di Tramonti come paesaggio vissuto e ancora vivo viene messo correttamente in luce dal libro. Avere coscienza del valore identitario di Tramonti è essenziale anche per una gestione partecipata del territorio e per la sua tutela attiva e, come si usa dire ora sostenibile, un termine nuovo che sta a significare quello che un tempo era il comune buon senso di comportarsi di cui diversi sono gli esempi da imitare in questo volume.

Mauro Mariotti

Da sinistra: Presidente Bonanini,  Prof. Mariotti,  Bonati

 

 

Da sinistra: Sindaco Pagano,  Presidente Bonanini,   Lorenzelli,   Bonati

 

 

Il pubblico intervenuto.

 

 

 

Recensione del libro, a cura di  Ilio  Rota

  

                                                                                                                          Et iam summa procul villarum

                                                                                                                          culmina fumant

                                                                                                                          Virgilio (Bucoliche   I  (83-84)

                                                                         

                                                                                                                        (E già in lontananza fumano

                                                                                                                         i comignoli dei casolari)

  

Chiamato ad esprimermi sulla pubblicazione  di un volume che ha l’ambizioso progetto di fare maggiormente conoscere una piccola parte del territorio spezzino, ho accettato, lusingato, sia per il valore nei contenuti che per l’amicizia che mi lega ad alcuni degli autori.

 “ Tramonti di Campiglia – La settima terra “ rappresenta ricerca costante e volontà, espressioni di affetto nel dare alle stampe così prezioso studio sulle origini del borgo.

Gli uomini, le memorie, le tradizioni, il futuro, argomenti trattati in forma icastica e struggente vena poetica da Piero Lorenzelli, Luciano Bonati, Jolanda Sturlese.

Gente umile con una religiosità legata al territorio e vocazione marinara, naturale simbiosi fra rupi a specchio sulle onde.

E nel ricordo degli antenati la trama di eventi lieti e tristi nel tempo, le piccole ma importanti storie dei singoli e delle famiglie, gli Autori ripercorrono l’infanzia e i racconti ingenui fiabeschi loro tramandati.

Affiorano prepotenti richiami di campanilismo e privilegi, valori e insegnamenti nella costante tenacia generazionale, tematiche del mondo contadino.

 La prosa, nella stesura colorita e scorrevole, e’ di piacevole lettura in sintonia con le numerevoli ed artistiche immagini fotografiche.

Completano l’opera un compendio di prospettive turistiche, artistiche, sociali, curato dall’Associazione Campiglia e una dettagliata base cartografica (in allegato) del Comune della Spezia

 

Gli Autori del libro, a sinistra Luciano Bonati  e  Piero Lorenzelli,  a Campiglia

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Ultimo aggiornamento: 03-12-06