Canese in Italia

15-10-12

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Canese in Italia

 
 

L’Associazione Campiglia, a partire dall’anno 2003, allo scopo di ricostruire la distribuzione persone che portano i due cognomi caratteristici del borgo di Campiglia, e cioè Sturlese, in maggioranza, e Canese, ha inviato in Italia e nella restante parte del globo, ove certamente si trovano persone che portano quei due particolari cognomi, missive che invitano gli Sturlese ed i Canese tutti, a rispondere alla lettera il cui testo si trova alla pagina web precedente. L’iniziativa ha incontrato un buon successo, molte risposte hanno testimoniato piacevole sorpresa e interesse da parte degli interlocutori, che fattivamente hanno partecipato alla ricostruzione della provenienza dei loro avi, indicando, a memoria, il nome dei loro capostipiti. E’nostra intenzione quindi pubblicare sul Sito il nome di coloro che gentilmente hanno risposto all’appello, fornendo notizie ed elementi utili a tracciare la loro consistenza numerica, provenienza, percorso degli avi nel tempo, attuale distribuzione geografica, professioni relative, ove indicato. Per evidenti motivazioni, Il loro indirizzo, sia che si tratti di posta elettronica, che di altro tipo, non verrà riportato. Chiunque sia interessato a contattare persone presenti nell’elenco, può scrivere agli indirizzi che qui sotto riportiamo, sarà nostra premura richiedere agli interessati se danno il loro assenso affinché si possano fornire i loro indirizzi a chi ne farà richiesta.

Questi gli indirizzi a cui fare riferimento:

 

e-mail:

canese@campiglia.net

piero@campiglia.net

 

Grazie, vediamoci sul Sito Internet

www.campiglia.net

 

Sono tutt’ora in corso tutte le possibili ricerche per la determinazione dell’origine dei due cognomi Sturlese e Canese.

 

Canese in Italia

 

Il cognome in questione è meno diffuso degli Sturlese, infatti si trova in 33 comuni italiani, le regioni dove è presente, in ordine decrescente:

Liguria

Lombardia

Piemonte

Lazio

Emilia

Veneto

Toscana

Nessun Canese nelle Isole.

 

 

Canese Tiziana  -  Le Grazie  (SP)

Padre originario di Portovenere (SP)  Stirpe originaria della provincia spezzina.

Allega albero genealogico.

 

Canese Paolo  - La Spezia. Nato nel 1954.

Il nonno paterno Canese Leopoldo, proviene da Campiglia.

 

Canese Rinaldo  -  Reggio Emilia. Nato nel 1920 a Muggiano (SP)

Capostipite: Canese Roberto, nato a La Spezia fine anni ‘800, direttore stabilimento Pertusola.

Morto a Portoferraio (Isola d’Elba)

Ha due figli : Amedeo, Ione

Amedeo, a sua volta, ha 3 figli, Robero, Luisita, Rinaldo.

Alberto e Luisita vivono e completano la loro vita terrena a Portoferraio (Isola d’Elba)

Rinaldo si trasferisce a Reggio Emina ove attualmente vive. Ha due figlie, Paola e Amedea, che e’ madre di Giulia  Beretti Canese.

 

Canese Luciano -  Nato a La Spezia nel 1945. Residente a Vimercate (MI). Ha due figli Fabio (residente a Londra), Nicola (residente a Vimercate)

Avo più remoto che ricordi: Gaetano, morto nel 1941. Mario, figlio di Gaetano, nato a La Spezia nel 1894.

Allega albero genealogico.

 

Canese Maurizio -  Nasce nel 1960 a La Spezia, nel 1968 la sua famiglia si trasferisce in provincia di Varese.

Figlio di Canese Gerolamo, nato nel 1926, a Portovenere, il nonno Umberto è nato nel 1880 a Riomaggiore  (SP) .

Maurizio attualmente lavora a Gallarate.

 

Canese Giuliano -  Portovenere (SP)

In paese lo chiamavano tutti lo svizzero, Giuliano Canese. Eppure lui con un cognome che non tradiva le origini, era nato nel cuore di Porto Venere. Lo svizzero  perché poco più che ragazzo lasciò patria e famiglia per cercare fortuna nel paese elvetico dove divenne il maggiordomo di casa Chaplin. Giuliano Canese era ritornato in borgata sei anni fa  dove, viveva con le figlie Marie Claire e Sarah. Ieri mattina l'avventura di Giuliano Canese, 73enne, è terminata in un lettino dell'ospedale Sant'Andrea. E così  Porto Venere perde uno del suoi personaggi più conosciuti. Giuliano era figlio di Gigio, che batteva la mazza nei cantieri navali di demolizione. Infanzia dura, la sua. Giuliano, però, era giovane di bell'aspetto: alto, biondo e dei modi garbati. E inoltre parlava con tono basso, molto sommesso, appena percettibile. Poco più che ventenne decise di partire per la Svrzzera sfidando l'incognito. E i suoi modi da lord lo imposero presto all'attenzione del bel mondo. Per tre anni lavorò in un bar e il 1959 segnò l'inizio della sua straordinari avventura. Gli si spalancarono le porte della maison di Charlie Chaplin e in breve tempo ne divenne il maggiordomo. La villa si chiamava Manoir de Ban, in  Vevey nel cantone francese. Giuliano si rese subito conto, sia per per  modesto arredamento che per lo stato di manutenzione della casa di quanto Charlot fosse persona estremamente semplice e di poche pretese. Con l'aiuto della moglie Mirella Vespa, anche lei di Porto Venere e scomparsa cinque anni fa apportò una gradevole  trasformazione della villa. E Giuliano divenne l’uomo di fiducia di uno dei più grandi geni dell'arte cinematografica. Charlot conduceva una vita molto appartata e il cancello della villa si apriva soltanto per gli amici più intimi. Tra questi James Mason, il grande e malinconico attore inglese, residente nello stesso cantone francese di Vevey. Giuliano ebbe modo di conoscere alcuni tra i più grandi divi del cinema dell'epoca. Da Gregory Peck a Rod  Steiger fino ad arrivare a Yul Brinner. Chaplin morì il giorno di Natale del 1977 tra le braccia della moglie Oona O'Neill, figlia del celebre drammaturgo Eugene, ma Giorgio rimase al servizio di madame fino al 1984. Poco tempo dopo il popolare periodico Newsweek gli offrì una cospicua somma in denaro per un servizio sulle ultime ore di Charlot, ma Giuliano si oppose fermamente. Dopo il 1984, Giuliano Canese prestò servizio presso la famiglia di Vittorio Emanuele di Savoia e Marina Doria, personaggi dei quali ebbe un ricordo molto più svanito e meno coinvolgente rispetto al mitico Charlie Chaplin. Al suo rientro in Italia, Giuliano Canese aprì un bar alla Spezia che chiamò Tramps con l’immagine di Charlot, il Vagabondo. Poi la dolorosissima scomparsa della moglie, compagna d una vita. Oggi pomeriggio, alle 15, nella chiesa di Porto Venere la borgata saluterà il suo fedelissimo maggiordomo. ( 17 Febbraio 2006 )

 

Canese  Roberto - Portovenere  (SP)

Canese custode della ricetta doc

Immaginate Villar Perosa, storica cittadina dove si prepara la Juventus. Al cancello del centro sportivo Riv Skf arriva una vettura targata Spezia e la porta, rigorosamente blindata per tifosi e curiosi, come d'incanto si spalanca. L'auto è quella di Roberto Canese, 27 anni, figlio del mitico Antonio, dal cui bagagliaio escono venti vasi di pesto ligure, uno per quasi tutti i componenti della rosa. E non poteva essere diversamente, visto che papà Antonio, noto esponente del club Juventus La Spezia, ai calciatori bianconeri ha fatto assaggiare molte volte i frutti di mare delle nostre zone. Ma non sono soli gli atleti della squadra praticamente campione d'Italia ad assaggiare il pesto di Roberto Canese. Lo ha gustato anche il commissario tecnico della nazionale, Marcello Lippi e tanti altri, tra cui il noto gourmet Gianfranco Vissani, che se ne è portato a casa tre vasi. Ma cosa c'entra il pesto con la famiglia Canese, che gestisce la nota Trattoria della Marina di Portovenere? Semplice, Roberto da tre anni è un "Cavaliere della confraternita del pesto" di Genova, sorta per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla diffusione e, soprattutto, sulla difesa del vero tipico pesto genovese prodotto secondo i canoni stabiliti dallo statuto. La confraternita è sorta il 5 dicembre di 14 anni fa, nella ricorrenza del gesto di Balilla che nel 1746 cacciò da Genova lo straniero oppressore. I più noti ristoratori genovesi e delle due riviere hanno invece voluto cacciare dalla tavola ligure il pesto fasullo. Roberto il diploma di ragioniere lo ha lasciato nel cassetto, così come le scarpette da calcio le ha appese al classico chiodo, dopo aver giocato anche nella Primavera dello Spezia, oltre che nella Fezzanese, nella Ponente e nel Portovenere. Da qualche anno è il braccio destro del padre nella conduzione del ristorante. «Fin da bambino vedevo la nonna col mortaio preparare il pesto - dice il giovane ristoratore - e la cosa mi ha sempre appassionato. Appena ho imboccato l'attività di famiglia, ho voluto subito riproporla». Così ecco troffie e trenette al pesto alla Marina, oltre che i classici piatti di mare. Ci sono dei segreti nella preparazione? «Uno solo: gli ingredienti, che sono quelli tradizionali devono essere di prima qualità, olio, formaggio, pinoli e naturalmente basilico genovese». Roberto, cavaliere gastronomo, come risulta dagli atti della confraternita del pesto, è ormai lanciato. Non è difficile vederlo protagonista in qualche serata a palazzo Ducale a Genova insieme ai più famosi ristoratori liguri, ad esempio La Manuelina di Recco, preparare piatti o ricevere riconoscimenti. Immagine del "made in Italy" da difendere dalle concorrenze internazionali, voglia di tenere alta la tradizione della gastronomia ligure. Ecco gli impegni di Roberto Canese, ristoratore di Porto Venere, paese da sempre fedele alla Repubblica serenissima di Genova.      Paolo Rabajoli (Il Secolo XIX)

E’ DI PORTOVENERE IL CUOCO BIANCONERO 

Canese è il titolare della trattoria la Marina. Il suo sogno: festeggiare insieme la A della Juve e la salvezza delle Aquile. 

 «Spero una cosa sola: l'ultima di campionato essere a Torino e festeggiare la serie A della Juve e la conferma in B dello Spezia, a pensarci mi viene la pelle d'oca». Antonio Canese, 54 anni, che col figlio Roberto, già calciatore della Primavera dello Spezia, gestisce la trattoria La Marina di Portovenere, è lo chef della Juventus. Quello che, ogni volta che la squadra bianconera va in trasferta, coppa o campionato, arriva sul posto il giorno prima, si insedia nella cucina dell'hotel che poi ospiterà la comitiva juventina e dirige acquisti e menù. Il tutto in contatto diretto col capo del servizio medico, dottor Riccardo Agricola. Sabato c'è Spezia-Juventus, sul Golfo è l'avvenimento dell'anno, senza dubbio le altre ricorrenze passano in secondo piano per la tensione palpitante che si tasta in città. Caccia al biglietto: la tribuna ha una capienza di poco più di mille posti, tolti abbonati e aventi diritto, ne restano in vendita una manciata. Antonio Canese è pertanto uno dei personaggi più gettonati: unico spezzino nel cuore Juventus. Già ieri era al Jolly hotel per incontrare il direttore Roberto Santi. Poi le mille telefonate da ogni parte d'Italia. «Nessun segreto nel menù - commenta - è simile a quello delle altre squadre di A, B e C, a quello dello Spezia, quando per decenni è stato ospite nel mio locale. Pesce e carne freschi, crostate di frutta». Come vivrà la partita? «Cerco di non pensarci, juventino e aquilotto da sempre, sono soddisfatto solo di una cosa: La Spezia potrà, a prescindere dal risultato, vedere sul campo amico tanti campioni. La data del 27 gennaio entrerà nella storia». Arriva Guzman alla Spezia: «Fortissimo, farà la differenza». La partita sarà particolare per lei anche per altri motivi. «Il 28 compirà gli anni Buffon, il 29 io, festeggeremo assieme, come sempre». Canese, dalla cui "mensa" passano Lippi, Pillon, Spalletti e tanti altri, tra una portata di penne agli scampi e un'orata al forno, si scioglie a parlare dei bianconeri: «Ragazzi eccezionali, un gruppo splendido, dentro lo spogliatoio e fuori. Scuola Juve».

Paolo Rabajoli   (Il Secolo XIX 23 Gennaio 2007)

 

Canese  Giovanni - Portovenere  (SP)

Lo zio Giovanni Canese, ovvero Beghin, era nato a New York nell'anno 1892. Intorno a quel periodo il nonno Domenico Canese e la nonna Laurina Sturlese erano emigrati in America dove, nel 1894, era nata ad Hoboken, nello stato del New Jersey, la zia Angela. In quella località è stato girato, nel 1954, il film “Fronte del porto” diretto da Elia Kazan ed interpretato da uno strepitoso Marlon Brando e vi è nato Frank Sinatra nel 1915. Ad Hoboken il nonno Domenico aveva aperto un piccolo opificio per la confezione di tappi di sughero. I nonni avevano avuto già un figlio, il più vecchio dei fratelli, chiamato Antonio (vulgo Giuseppe), nato a Porto Venere nel 1887: pertanto, quando tornarono, di figli ne avevano tre. Poi misero al mondo la zia Rosetta nel 1900, la mamma Tilde nel 1905 e lo zio Gigio nel 1907, oggi tutti scomparsi. Aprirono, ove ora è ubicata “La Posàa” dei Maietta, un'osteria che chiamarono “ Italo Americana ”, a memoria della loro attraversata sull'Atlantico. Lo zio Beghin, probabilmente così soprannominato perché alla sua venuta in Porto Venere non era in grado di parlare correttamente l'italiano, divenne un personaggio caratteristico del borgo. Piccolo di statura con un bel viso dai lineamenti minuti, portava spesso un berretto, stile coppola. Fumava le “Giubek” e non disdegnava, anzi amava sin troppo, un bicchiere di vino. Lo amava tanto che quando fu ospite nel rigoglioso vigneto della sorella Rosetta in “Giaccherino” di Pistoia, dopo qualche giorno quello spirito arguto del mezzadro, il Bartoletti, celiò:”Se il Signor Giovanni sta ancora qui me lo finisce!!”. Aveva preso parte alla “Grande Guerra”, nel corso della quale era rimasto ferito alle gambe dalle schegge di una granata nemica. Fatto prigioniero, in preda al delirio e ad un'arsura terribile, chiese, balbettando, un poco d'acqua (probabilmente fu l'unica volta che ne sentì il bisogno!!), ma gli fu risposto con un colpo sul capo del calcio di un fucile. Quando riuscì a fuggire, si nutrì con rape, bucce di patate e vermi: pensò che in qualche modo dovesse continuare a vivere. La nonna Laurina aveva ormai perso ogni speranza di riabbracciarlo e si racconta che un mattino s'imbarcasse, con l'animo angosciato, sul vaporetto portando con sé un mazzo di fiori, per andare incontro al feretro del figlio, ma la sorte fu benigna e Beghin visse. Alla morte della nonna Laurina divenne titolare della trattoria “della Marina” (oggi del pronipote Antonio Canese, figlio di Angioletto) e si era preso il compito di aprire i tartufi di mare, mansione che svolgeva in maniera abile e rapida. A volte serviva in tavolo. Si presentava agli avventori vestito di una linda camicia bianca, pantaloni ben stirati tenuti in vita da un paio di bretelle, tovagliolo bianco appoggiato sulla spalla destra e con i radi capelli riportati in modo tale da sembrare incollati alla testa. Ma, ahimè, alla prima richiesta di un piatto di patatine fritte i capelli si rizzavano (pareva che fumassero.....!!), il tovagliolo cadeva in terra nel mentre borbottava :”Cristo den Dio,....Cristo den Dio.”: insomma, un cameriere alla Charlot. Non si sposò, né ebbe amori a quanto si sappia (la zia Rosetta soleva celiare sulla sua illibatezza..!!). Quando nel 1966 morì, assistito amorevolmente da Angioletto (con la moglie Lola) e dalla Maria, figli del fratello Giuseppe, portava nelle gambe le schegge della granata nemica e, nel portafoglio, la fotografia di un nipote, forse il prediletto. Al Camposanto l'immagine che lo ritrae con un viso corrucciato e la coppola in testa, lo fa rassomigliare a un “gangster americano”.

Inviata da  Giorgio Giorgi

Pubblicato sul Secolo XIX anno 2004

 

Canese Valentina  -  Genova

Canese Valentina, figlia di Canese Vittorio nato a La Spezia, la nonna proveniente da Campiglia. La sua bisnonna Sturlese Genoveffa pure lei di Campiglia, il bisnonno Canese Oreste anch’egli nato a Campiglia. La nonna Canese Iole è sepolta nel cimitero di Campiglia. Valentina con la sua famiglia abita attualmente a Genova.

 

Canese Raffaella  -  Ortisei (BZ)

Canese Raffaella, nata a La Spezia il 13/10/60 residente ad Ortisei (Bz)  Suo nonno era Canese Paolo, detto Leopoldo, abitava in via Castello a Campiglia. Il suo bisnonno si chiamava Canese Giovanin,  che sposò Sturlese Barbara, della dinastia dei Pipola.

 

 


 

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Ultimo aggiornamento: 15-10-12